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politica

Percezione e realtà: l’emergenza lavoro per l’Italia e l’Europa

Fra tutti i possibili temi che preoccupano gli italiani, la disoccupazione è da tempo è resta ancora oggi in cima alla lista delle priorità. Capire come mai non è difficile: basta una semplice mappa per capire quanto l’Italia rimane fuori linea dal resto del continente – e in una certa misura persino rispetto a nazioni a noi simili come la Spagna.

Anche dopo la modesta ripresa degli ultimi anni, arrivata peraltro già alla fine, la fetta di italiani che ha un impiego resta minore che in tutti gli altri grandi paesi.

Oltre ai disoccupati veri e propri, la grande differenza  la fanno gli inattivi – persone che non hanno un posto né lo cercano e cui spesso ci si riferisce come gli “scoraggiati”. Questo gruppo, composto per due terzi di donne spesso del meridione, è uno dei fattori principali che più ci separa dal resto delle nazioni sviluppate.

Viaggiando a nord, verso l’Europa centro-settentrionale, la differenza non potrebbe essere tanto evidente: solo per citare un caso nel 2017 17 tedeschi ogni cento avevano un lavoro in più, rispetto agli italiani. Una differenza simile a quella che esiste anche con Svizzera, Austria, Danimarca, Olanda.

Persino in Spagna, dove pure il lavoro resta un problema storico, il tasso di occupazione resta oggi tre punti percentuali superiore che in Italia. Questo, di nuovo, significa che ogni cento persone, tre hanno un impiego lì ma non in Italia.

Non è sempre andata così. Dopo la crisi il mercato del lavoro iberico aveva reagito in maniera molto più violenta dell’italiano, con circa uno spagnolo su dieci che nel 2012-2013 si era trovato senza un posto rispetto al 2007. Il calo dell’Italia è stato graduale, ma la risalita ancora più modesta.

 

Al di là dei numeri effettivi, per capire in che modo viene percepita la mancanza di lavoro contano anche le impressioni soggettive. Che opinione hanno le persone dei disoccupati? Empatia, critica o cos’altro?

Per capirlo possiamo ricorrere a una indagine accademica chiamata European Social Survey, che raccoglie informazioni socio-culturali a cadenza periodica su un’amplissima varietà di temi e i cui dati sono stati analizzati grazie all’aiuto di Marco Albertini, professore di sociologia dell’università di Bologna.

Un classico punto di divergenza, quando si parla di disoccupati, è fra chi li considera “vittime” e chi invece ritiene che non facciano abbastanza per trovare un lavoro. Nelle nazioni analizzate dall’indagine questa spaccatura emerge in maniera molto netta: da un lato molti abitanti di nazioni come Portogallo, Repubblica Ceca e soprattutto Polonia ritengono che i senza lavoro non cerchino poi davvero un impiego. Il contrario succede in Norvegia, Svezia e Spagna, dove invece questa idea viene spesso rifiutata.

In questo dibattito gli italiani si pongono esattamente al centro, divisi in pari misura fra empatia e critica.

Dove invece risalta molto l’opinione degli italiani è nel giudicare il tenore di vita dei disoccupati. Fra tutti i popoli censiti soltanto i russi ritengono che i propri stiano peggio, una risposta affatto scontata se consideriamo che nella lista compaiono diverse nazioni più povere dell’Italia.

Le risposte degli italiani appaiono particolarmente forti, in questo senso, se consideriamo che in una scala per esprimere quanto è negativo il tenore di vita dei disoccupati, quasi un rispondente su cinque ha scelto il caso peggiore.

In altre nazioni, al contrario, le persone arrivano anche a sottolineare l’aspetto opposto, sostenendo che a loro avviso le condizioni dei senza lavoro non siano poi tanto male – è il caso di austriaci, norvegesi, belgi, svizzeri e olandesi.