Purtroppo in Italia i sondaggi tendono a essere imprecisi, con margini di errore molto più elevati di quelli realizzate in altre nazioni. Per capire quanto, esattamente, possiamo confrontare il valore medio delle previsioni dei sondaggi, per ciascun partito, con quello reale emerso dalle urne. Proviamo a considerare le ultime tre grandi consultazioni a livello nazionale, che comprendevano già i quattro principali partiti ancora oggi presenti.
Troviamo così che alle politiche del 2013 i sondaggisti non avevano affatto previsto il successo del Movimento 5 Stelle, che ottenne allora circa un quarto dei voti con un errore medio dei sondaggi di circa il 40%. Da un punto di vista statistico, per dare un riferimento, il margine di errore consueto dovrebbe essere invece – a seconda di come viene condotta la rilevazione – intorno al 3-4%. Alle europee 2014 è stato invece soprattutto invece il Pd a essere sottovalutato, mentre i sondaggisti hanno in un certo senso “rimbalzato” il risultato precedente dei 5 stelle prevedendo che avrebbero ottenuti più voti di quanto poi successo in realtà.
Lega e Forza Italia hanno avuto due percorsi opposti. A posteriori sappiamo che c’è stato e probabilmente c’è ancora un travaso di voti dalla seconda alla prima, ma i sondaggisti hanno faticato ad accettare questo scambio di posizione di forza sottovalutando sistematicamente l’una ai danni dell’altra.
Certo quanto a precisione dei risultati non aiuta neppure che legge impedisce di pubblicare i risultati di sondaggi nelle settimane subito precedenti al voto, che com’è ovvio sono più accurati di quelli condotti più in là nel tempo: norma che ha pochissimi pari nelle altre nazioni sviluppate.
Calcolare il margine di errore medio dei sondaggi ci porta a concludere che l’imprecisione è la norma, e scarti del 20% per un partito sono la regola e non l’eccezione. I sondaggisti sembrano però avere imparato la lezione del 2013 quando non riuscirono a prevedere il successo dei pentastellati. In genere, invece, i risultati previsti per Forza Italia si sono rilevato poi più vicini a quelli reali
Come ricordato, molte rilevazioni affermano di avere un margine di errore previsto intorno al 3-4%, ma in realtà non è andata così praticamente mai, a prescindere dal sondaggi. Fra tutti quelle mai pubblicati nelle ultime grandi elezioni, soltanto in una manciata l’errore è rientrato in questo raggio, e quasi sempre nel caso di Forza Italia.
Per capire quello che potrebbe succedere davvero dopo il prossimo voto, possiamo allora calcolare l’errore medio storico dei sondaggi per partito e applicarlo alle rilevazioni attuali. Se a questo giro i sondaggisti fossero precisi quanto lo sono stati dal 2013 in poi, il risultato reale della Lega potrebbero andare dal 37 al 25%, quello del Movimento 5 Stelle dal 29 al 17, con un possibile 26-18% del Partito Democratico.
La variazione possibile per Forza Italia appare molto minore, sia perché un margine di errore per un partito piccolo sposta meno l’ago, sia perché storicamente i sondaggi per questo partito sono stati meno imprecisi che per gli altri.
Anche su questo però c’è un punto interrogativo, perché è vero che in seguito allo sfaldamento del bipolarismo politico nato con la seconda repubblica le rilevazioni per il partito di Berlusconi si sono fatte via via sempre meno accurate.
Dati questi presupposti, i possibili scenari post elettorali sono molto diversi fra loro e in alcuni casi estremi. Per ipotesi esperti e sondaggisti potrebbero aver sottovalutato il successo della Lega: soppiantando ormai in larga parte Forza Italia come partito egemone di una parte dello schieramento politico, non è irrealistico arrivare intorno al 35% o anche un po’ più su – in maniera simile a quanto successo al PD nelle europee 2014 o al PDL in quelle precedenti del 2009. Il Movimento 5 Stelle, per parte sua, potrebbe aver sofferto più del previsto la partecipazione al governo, e questo potrebbe per esempio riportarlo sotto il 20% come non succedeva da molti anni a questa parte.
Dopo mesi di sofferenza il Partito Democratico sembrava aver beneficiato di un certo slancio, anche se piccolo: i sondaggi potrebbero averlo sottovalutato, o al contrario dopo il voto potremmo trovarlo di nuovo il PD intorno al 18% – ovvero dov’era alle ultime politiche.
Da quel che sappiamo, tutte queste soluzioni sono plausibili: data la sfortunata imprecisione storica dei sondaggi nessuna di esse dovrebbe poi sorprenderci troppo. Si tratta certamente di uno scarto possibile molto elevato, fra un risultato e l’altro, ma un margine di incertezza tanto elevato è inevitabile date la qualità delle rilevazioni di partenza.
La domanda cruciale, a questo punto, diventa questa: dato che molto probabilmente ci saranno grandi errori nei sondaggi, in che direzione andranno per ciascun partito? I sondaggisti storicamente meno precisi nei confronti della Lega la danno tutti intorno al 31%, il che purtroppo non ci aiuta molto in questo senso se non ragionando al contrario: ovvero nel dire che difficilmente il valore reale sarà proprio quello. Da un lato altri sondaggisti di solito più precisi l’hanno trovata sopra il 32%, segno che potrebbe essere sottovalutata. D’altra parte cercando di capire qual è il trend temporale proprio negli ultimissime rilevazioni i numeri sembrano essere leggermente in calo; si tratta però di pochi dati, ed è impossibile dire se si tratta di fluttuazioni casuali o di qualcosa di reale. Certamente se il valore di partenza fosse maggiore di quanto ipotizzato, anche una perdita di un paio di punti porterebbe comunque la Lega molto in alto.
Nel Movimento 5 Stelle troviamo invece qualche segnale secondo cui potrebbe essere, al momento, sopravvalutato dai sondaggi. Se al di là di qualche piccola fluttuazione la Lega appare, in media, grosso modo stabile al punto attuale da settembre scorso, lo stesso non si può dire per il partito guidato da Di Maio.
Già da dopo le politiche 2018 era cominciata una notevole flessione, nei sondaggi, che pur se a velocità diverse è proseguita fino allo scorso aprile portando il Movimento alla pari con il PD, o pochissimo sopra.
Oltre a questo, diversi fra i sondaggisti che in passato erano andati più vicini ai risultati finali per il partito l’hanno trovato spesso a valori al di sotto di quelli medi generali di questo momento.
Per il Pd la situazione è complicata, e anche tenendo in conto i sondaggisti più affidabili per questo partito non emerge una direzione chiara, né in positivo né in negativo. È vero che le rilevazioni hanno osservato un certo rimbalzo, cominciato circa dallo scorso febbraio, ma esso ha avuto una durata piuttosto breve e sembra essersi interrotto già ad aprile.
In aggiunta si è trattata di una risalita piuttosto modesta – nell’ordine di tre punti circa –, ma che quanto meno in alcuni scenari di particolare difficoltà del Movimento potrebbe portare il PD a diventare almeno il secondo partito.
Nel caso di Forza Italia l’analisi dei sondaggisti più accurati indica che il partito di Berlusconi potrebbe essere al momento sottovalutato, in qualche misura. Detto questo, con rilevazioni medie di base intorno al 9-10% difficilmente le cose potranno cambiare più di tanto, anche in caso di differenze non minuscole fra valori previsti ed effettivi.
Fra i partiti più piccoli, le proiezioni realizzate dal Financial Times indicano invece che Fratelli d’Italia dovrebbe probabilmente riuscire ad eleggere alcuni rappresentanti al parlamento europeo – circa quattro ovvero la metà di quelli previsti per Forza Italia. Né +Europa – iscritta al gruppo dei liberal democratici (ALDE) – né Liberi e Uguali – fra i socialisti europei – raggiungono al momento risultati sufficienti per superare la soglia di sbarramento del 4%. Nella media delle rilevazioni, tuttavia, il primo partito risulta pochi decimali sotto quel valore.