“Oggi la donna è indipendente, lavora, e per questo non fa più figli”. Falso, oltre che offensivo. Una nota di Istat resa nota in questi giorni mostra che in dieci anni la quota di coppie (con o senza figli, dove lei ha fra i 25 e i 64 anni) dove entrambe le persone lavorano è passata dal 40% al 44% del totale. Una crescita insignificante, addirittura nulla al sud, dove il 26% delle donne in coppia ha un lavoro, anche se non è detto che questo basti comunque per essere indipendente. Non che altrove le cose vadano molto meglio: oggi è occupato il 55% delle donne in coppia al nord e il 50% di quelle che vivono nel centro Italia. L’incidenza è ancora più bassa in quelle, specie nel Mezzogiorno, in cui la donna ha conseguito un titolo di studio basso e nelle coppie con due o più figli.
Riformuliamolo lentamente: oggi la metà delle donne con due o più figli fra i 25 e i 64 anni non lavora. In oltre una coppia su tre con figli lavora solo l’uomo. Addirittura in quattro coppie su dieci in Meridione lavora solo l’uomo, contro il 27% del centro e il 25% del nord. Va precisato che questa quota, dopo aver subito una flessione negativa negli anni di crisi, è tornata a salire nel periodo più recente. A lavorare di meno sono le donne meno istruite e quelle che hanno due o più figli.
Sembra inoltre che in questi mesi in cui si discute di flat tax, di reddito di cittadinanza e di pensioni, presenti o future, ci dimentichiamo dell’Italia che non lavora (regolarmente). Nel 2018 le coppie con entrambi i partner senza lavoro con meno di 64 anni ammontano a 1 milione 812 mila: il 7,2% delle coppie italiane, il 15% al sud, il 4,3% nel Centro e il 2,6% al nord. 279 mila unità in più rispetto al 2004. Metà di queste coppie vive in Sicilia, Calabria e Campania, dove il 18% di esse non detiene redditi o pensioni. Dal 2008 al sud le cose sono andate sempre peggio: tra il 2008 e il 2013 la quota di coppie under 65 senza pensioni o redditi era il 10% del totale, oggi è il 15%.
Nelle coppie con figli la tipologia più diffusa resta quella con solo il padre occupato a tempo pieno, (che riguarda il 32% delle coppie), seguita dalle coppie in cui entrambi i genitori lavorano a tempo pieno (il 27,5%) e dalla combinazione in cui al padre occupato full-time si associa la madre occupata part-time (16%). L’unica crescita che riguarda il lavoro femminile è proprio quest’ultima: il lavoro part-time, che oggi riguarda il 20% delle donne con un figlio e il 23% di quelle con più figli (dato sul totale, non sulle lavoratrici).
La cosa sconfortante è che le donne con meno di 49 anni con figli sono ancora meno indipendenti delle colleghe più anziane. Fra le coppie giovani che hanno figli solo nel 28% dei casi lavorano entrambi a tempo pieno, il che significa che possono permettersi servizi di accudimento.
La quota di quelle con entrambi i partner occupati a tempo pieno è più bassa, pari al 28,6% (17,1% nel Mezzogiorno) contro il 45,9% delle coppie più giovani senza prole, e tende a ridursi sensibilmente al crescere del numero dei figli: dal 32,4% nelle coppie con un figlio al 26,2% nelle coppie con due figli o più, a prescindere dal titolo di studio della madre.
Nelle coppie più giovani con figli, nel 19,2% dei casi l’uomo lavora con un regime orario a tempo pieno e la donna con un orario ridotto contro il 14,8% di quelle senza figli. Questa tipologia è più diffusa al Centro-nord (24,6%) rispetto al Mezzogiorno (9,7%), dove prevale la coppia con solo il padre occupato full-time (45,3%).
Come si può pensare di emancipare le famiglie dalla povertà se fare un figlio significa immobilità proprio per la donna, specie per quella che non ha studiato e che dunque ha meno possibilità di scelta di una persona che invece possiede un titolo di studio? Non fraintendiamo: alle laureate non va comunque benissimo, che abbiano figli oppure no. Solo la metà delle madri laureate oggi lavora a tempo pieno, contro il 60% delle laureate senza figli. Certo, si tratta di percentuali altissime rispetto alle madri con titoli di studio inferiori: lavora infatti il 14,5% delle ragazze con al massimo la licenza media e il 28,6% delle diplomate.