Anche se in media gli stipendi sono cresciuti, negli ultimi anni, questo non vuol dire che l’abbiano fatto per tutti i gruppi, con la stessa intensità, o nemmeno quanto basta per star dietro all’inflazione. Secondo i dati dell’OCSE, infatti, in generale i prezzi di beni e servizi nel 2018 sono circa il 10% maggiori che nel 2010, ma non tutte le retribuzioni sono cresciute almeno tanto da aumentare in termini reali il potere d’acquisto dei neo-laureati magistrali.
Casi fortunati sono stati quelli di medicina o giurisprudenza – che però appunto partiva da livelli bassi e perdite elevate –, mentre il reddito dei laureati in economia è rimasto tutto sommato identico nel suo valore di facciata. Considerato però l’aumento del costo della vita, questo vuol dire che i neo-laureati in questa disciplina oggi possono comprare meno beni e servizi di un tempo.
Un calo ancora più intenso è stato registrato per infermieri e infermiere, con alcune altre professioni sanitarie sempre nel gruppo di chi ha sofferto di più.
La difficoltà di inserimento nel lavoro da parte di chi ha studiato Legge è forse l’aspetto più importante della disciplina. I numeri di Alma Laurea ci consentono di capire quanti giovani hanno trovato lavoro uno, tre e cinque anni dopo aver conseguito il titolo, e guardando a queste statistiche si vede subito come per i giuristi dopo l’università la strada verso il lavoro sia a dir poco complicata.
Pochissime altre classi di laurea (e comunque nessuna tanto frequentata) rendono tanto improbabile trovare un posto a breve termine, e persino dopo cinque anni circa uno ogni quattro dei nuovi dottori in legge non risulta ancora lavorare.