Attualmente l’Italia ha raggiunto 12 dei 105 target previsti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Lo mette in luce l’ultimo rapporto di OCSE Measuring Distance to the SDG Targets 2019. Stiamo facendo bene in ambito sanitario, nell’accesso a fonti di energia pulita e quanto a superficie occupata da alberi. Ma siamo ancora molto lontani dal raggiungimento dei target sull’eradicamento della povertà, sulla formazione continua degli insegnanti, sulla violenza contro le donne, sulla percentuale di persone che non studiano e non lavorano e sull’abbandono scolastico. Siamo inoltre messi piuttosto male per quanto riguarda l’obiettivo 16: istituzioni forti. L’ONU evidentemente non conta quanto i nostri politici urlino sui social network.
Nel grafico sottostante, più corta è la barra che rappresenta ogni target dei 17 obiettivi, più lontani siamo dal raggiungimento dell’obiettivo stesso.
Passando invece ai grafici in apertura, rispetto alla scelta di OCSE, noi di Infodata abbiamo scelto una visualizzazione diversa che ci sembrasse più chiara. Il nostro grafico si legge così: dal momento che la valutazione di OCSE misura il raggiungimento di ogni obiettivo in tre passi, quindi tre intervalli da 0 a 3, qui un punteggio di 1 significa quindi aver implementato solo il primo di tre passi per il raggiungimento dell’obiettivo stesso. Osserviamo quindi che per esempio rispetto all’abbattimento della povertà, abbiamo quasi completato il primo passaggio, e cioè che sfide da affrontare sono ancora molte di più di quelle raggiunte. La gender equality risulta così essere il goal dove al momento dobbiamo impegnarci di più.
Maggiori informazioni su come OCSE ha raccolto questi dati e ha costruito il suo indicatore le trovate qui
Un altro tema importante è la raccolta dei dati. Senza dati precisi per ogni target non si può monitorare il nostro impegno, né capire come agire. L’Italia in questo senso mostra un volto eterogeneo. Per alcuni ambiti – come per esempio quello sanitario e quello delle infrastrutture – abbiamo tutti i dati richiesti dalle Nazioni Unite per inquadrarci all’interno dell’Agenda 2030, mentre in altri settori siamo carenti. Per esempio riguardo alla produzione sostenibile, è vero che stando ai dati del primo grafico al momento stiamo facendo bene, ma è anche vero che ci mancano molti dati per avere una visione completa sullo stato dell’arte dell’impegno del paese su questo fronte. Abbiamo inoltre solo il 40% degli indicatori che ci chiederebbero le Nazioni Unite per valutare quanto sostenibili sono le nostre città e quanto stiamo riducendo davvero le disuguaglianze sociali. E la metà dei dati sulla gender equality, segno che forse a essere carente qui è proprio l’impegno proattivo da parte delle istituzioni di voler migliorare la vita delle donne e delle madri. Siamo invece molto ben forniti di dati nel comparto istruzione, cosa che rende solida la panoramica purtroppo negativa che ne emerge. Abbiamo una delle percentuali di laureati e laureate più basse non solo d’Europa ma dell’intera area OCSE, e al contempo un alto tasso di abbandono scolastico. Come raccontavamo qualche giorno fa sempre su Infodata, l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione è aumentata negli ultimi due anni attestandosi, nel 2018, al 14,5%. Con consistenti differenze territoriali a svantaggio del Mezzogiorno e dei maschi. In molte regioni del sud oltre 6 ragazzi e ragazze su 10 oggi non terminano le scuole superiori.
Il confronto internazionale, anche solo con Germania, Francia e Regno Unito su alcuni temi è spietato. Siamo lenti. Selezionando i tre obiettivi dove l’Italia è ancora più indietro – gender equality, istruzione e abbattimento della povertà – emerge chiaramente che per le prime due il nostro paese si trova ancora ad un’ampia distanza rispetto agli altri paesi, in particolare rispetto all’uguaglianza di opportunità fra uomini e donne. Per quanto riguarda invece l’eradicazione della povertà, nonostante risultati migliori dei nostri, anche i nostri amici francesi e tedeschi, dovranno impegnarsi in questa direzione molto di più.