L’economia non osservata indica le stime del ministero dell’economia, rappresenta al Sud una fetta maggiore del Pil, mentre diventa meno intensa man mano che invece si procede verso settentrione.
Da un valore medio italiano del 13,9%, passiamo al 21,2 della Calabria e al 10,7 della provincia di Bolzano.
Oltre al ministero dell’economia, anche l’Istat fornisce stime annuali sull’economia non osservata, che all’ultimo aggiornato mostrano come essa – la somma di sommerso economico e attività illegali – sia valsa nel 2016 circa 210 miliardi di euro, ovvero il 12,4% dell’intero Pil italiano.
Di questi, la parte principale è dovuta appunto alla sotto-dichiarazione, con un’altra fetta importante dovuta al lavoro irregolare (76 miliardi) e circa 17 miliardi che si stima ricondurre ad attività illegali.
“Le stime al 2016, scrive l’istituto di statistica, confermano la tendenza alla discesa dell’incidenza della componente non osservata dell’economia sul Pil dopo il picco del 2014. Si riscontra infatti un’ulteriore diminuzione di 0,2 punti percentuali dopo quella di 0,5 punti registrata nel 2015”.
La sua composizione comunque non è variata molto nel tempo: la sotto-dichiazione rimane la voce che pesa di più, intorno o poco sotto i 100 miliardi di euro l’anno, con il lavoro irregolare che invece arriva a circa tre quarti di quell’ammontare.
Rispetto all’economia osservata, quella sommersa è molto più comune in settori come il commercio, i trasporti o le attività di alloggio e ristorazione. In generale, nota l’Istat, esso “si concentra nella produzione rivolta al consumo finale” mentre “è meno rilevante nei comparti il cui mercato di riferimento è principalmente rappresentato dalle imprese”.
Quest’ultimo, per esempio, è il caso proprio dei servizi rivolte alle imprese che rappresentano oltre un quarto del valore aggiunto nell’economia osservata ma appena il 15% in quella sommersa.