Una ragazza su quattro con meno di 30 anni non studia e non lavora, ma solo il 60% di queste giovani donne inattive è disposta a cercare lavoro, contro il 78,5% dei maschi. Nel complesso in 15 anni – dal 2004 al 2019 – il numero di ragazzi e ragazze dai 15 ai 29 anni che né studia né lavora, i noti Neet, è aumentato, passando dal 19% al 22%, anche se dal 2013 in poi, dopo una forte impennata all’inizio della crisi, questo numero risulta nel complesso diminuito. Su questo aspetto siamo i peggiori fra i paesi d’Europa. Nel 2018 i giovani Neet rappresentano il 12% dei giovani europei, una percentuale dimezzata rispetto alla nostra, il 13% dei francesi, l’11% dei giovani inglesi e addirittura il 7% dei tedeschi.
Sebbene il numero di ragazze che vive questa condizione sia maggiore di quello dei maschi per ogni classe di età e in ogni anno considerato, il gap di genere sembra essersi ridotto rispetto al 2004. Diciamo “sembra”, perché nonostante il grafico mostri una forbice sempre più chiusa, il divario fra chi vuole lavorare è ancora enorme, e spiega il fatto che il miglioramento registrato nell’ultimo quadriennio in termini di riduzione dei Neet sia più deciso per la componente maschile che, d’altronde, aveva sperimentato la crescita più alta durante la crisi.
Il trend negativo ha interessato più di tutti laureati e diplomati, dal momento che la fetta di popolazione più vulnerabile non è però quella dei giovanissimi, ma di coloro che erano giovanissimi dieci anni fa, durante la crisi. Una persona su tre fra i 25 e i 29 anni non studia né lavora e 7 su 10 di loro il lavoro non lo cercano neppure, contro il 50% dei 15-19 enni che non frequentano più la scuola.
Vale la pena osservare che sempre Istat stima in 3,7 milioni i lavoratori irregolari, di cui 2,6 occupati come dipendenti. Si tratta, in altri termini, del 15,6% dei lavoratori a tempo pieno.
Analizzando i dati Istat emerge che i più svantaggiati sono i diplomati. Nel 2018, l’incidenza dei NEET diplomati è pari al 24,8%, contro il 22,7% tra chi ha al più un titolo secondario inferiore mentre scende al 20,2% tra i laureati. Se invece osserviamo quanto la ripresa economica dopo la crisi ha inciso sui vari gruppi, notiamo che dal 2014 in poi il numero di Neet è sceso soprattutto per i laureati (-6,2%), a seguire per i diplomati (-3,5%) mentre è rimasto pressoché stabile fra chi non ha neanche il diploma (-1,2%). Nel 2018 lavora il 33% dei 18-24enni che hanno abbandonano precocemente gli studi, contro il 78% dei laureati e il 69% dei diplomati.
Non ci stancheremo mai di ribadire che esistono più Italie, specie se nasci donna. Le differenze territoriali valgono per entrambi i sessi, ma sono più marcate per la componente femminile. Da una parte l’Italia mostra a livello europeo un marcato vantaggio femminile (fra le 15-64 enni) nei livelli di istruzione: le donne almeno diplomate sono il 63,8% contro il 59,7% degli uomini, quelle laureate sono il 22% contro il 16% dei maschi. I livelli di istruzione femminili sono peraltro aumentati più velocemente nel tempo: in quattro anni si registrano +2,8 punti percentuali fra le donne almeno diplomate (contro +2,1 punti per gli uomini) e +3,2 punti per le laureate (contro +1,6 punti). Ma questo vale solo sei sei nata nel posto giusto. Il 16% delle ragazze meridionali non finisce la scuola, contro il 10% del nord e l’8% di chi vive nelle regioni del centro. In generale l’abbandono scolastico è un fenomeno in crescita: la quota di 18-24enni che posseggono al più un titolo secondario inferiore e sono fuori dal sistema di istruzione e formazione (Early leavers from education and training – ELET) sale al 14,5% nel 2018, dove il target europeo è il 10%.
Interessante è infine il factcheck etnico: tra gli stranieri i Neet sono il 33,5% contro il 22,2% degli italiani, ma si tratta di una differenza dovuta – ancora una volta – quasi esclusivamente alla componente femminile (23,2% e 43,5% le quote di italiane e straniere) mentre è praticamente nulla tra gli uomini (1,4 punti percentuali di differenza).