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economia

Cosa è accaduto all'”esercito” delle partite Iva?

Non ci sono state grandi sorprese nemmeno nel 2018: il numero di nuove partite IVA è sostanzialmente lo stesso dell’anno precedente (+0,54%). L’osservatorio delle partite IVA del Ministero delle Finanze ha contato per il 2018 512 mila nuove posizioni, di cui 152 mila “persone non fisiche” e 359 mila nuovi liberi professionisti: 221 mila uomini e 138 mila donne. Circa il 43% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 22,1% al Centro e il 34,6% al Sud ed Isole. Il confronto con l’anno precedente evidenzia che i maggiori incrementi di avviamenti si sono registrati in Lombardia (+2,1%), in provincia di Bolzano (+2%) e in Calabria (+1,8%). Le flessioni più significative riguardano, invece, la Basilicata (-6,8%), l’Umbria (-6,7%) e le Marche (-6,6%).

A crescere però sono le aperture da parte di persone con più di 50 anni, mentre il numero dei giovani neo liberi professionisti è in calo. Le nuove attività di persone dai 51 ai 64 anni sono passate dalle 52 mila del 2009 alle 59 mila del 2018, quelle degli over 65 dalle 12 mila in più del 2010 alle 14 mila del 2018. La metà di queste ultime aperture riguarda attività agricole, il 13% attività tecniche e scientifiche e un 9% nuove imprese commerciali.
I nuovi imprenditori con un’età compresa fra i 36 e i 50 anni erano invece 135 mila nel 2009 e sono 117 mila oggi, mentre fra gli under 35 si è passati dalle 210 mila nuove aperture di dieci anni fa alle 168 mila del 2018.

Una cosa che balza subito all’occhio studiando meglio questi dati è che non c’è una regione italiana dove il numero di nuove partite IVA femminili abbia superato o almeno eguagliato quello delle nuove attività maschili. Bolzano, Molise, Trento, Piemonte, Campania, Abruzzo, Valle D’Aosta e Calabria e Campania sono le regioni dove la percentuale di partite IVA maschili supera di ben 25 punti percentuali la quota delle partite iva femminili. La regione dove il gap è minore è la Toscana, dove le imprese di donne rappresentano il 40% del totale. Seguono la Basilicata con il 39,9% di nuove posizioni femminili, il Friuli Venezia Giulia (39,9%), e Lazio e Lombardia (39,6%).

Nel complesso, la spinta imprenditoriale non si fa sentire, se non nel caso delle società di capitali: negli ultimi dieci anni si è registrato un calo costante di nuove posizioni per persone fisiche e di società di persone, fatta eccezione per l’anno 2014, dove c’è stata una vera e propria impennata delle aperture, in particolare fra gli under 35, presumibilmente a causa dell’introduzione del primo Regime agevolato detto “dei minimi”. Per fare un paragone, nel 2018, i soggetti che hanno aderito al regime forfetario (anziché al regime fiscale ordinario) sono stati 195.559, il 38,1% del totale delle nuove aperture di partita Iva, un 6% in più sul 2017.

L’unica tipologia di impresa in crescita dal 2012, è appunto quella delle società di capitale. Si contano oggi 123.608 mila società di capitale: una nuova apertura su quattro dell’anno appena trascorso. Nel 2009 esse rappresentavano il 17% del totale mentre il 72% delle nuove aperture riguardava partite iva di persone fisiche.

Infine, è interessante osservare la divisione per settore produttivo. È il commercio a registrare il maggior numero di aperture di partite Iva (il 20,6% del totale), seguito dalle attività professionali (15,4%) e da quelle agricole (10,8%). Rispetto al 2017 fra i settori principali si osservano apprezzabili aumenti di aperture per l’istruzione (+9,8%), servizi di informazione (+4,4%) e attività professionali (+4,3%). Al contrario, le flessioni più significative si rilevano nel settore dell’alloggio e ristorazione (-6%), nei trasporti (-5%) e nelle attività manifatturiere (-2,9%).
Gli under 35 si sono dedicati maggiormente alle attività professionali, scientifiche e tecniche (il 22% del totale delle nuove partite IVA in questa fascia di età), il 18% di loro al commercio e il 14% ad attività sanitarie. In generale il 63% delle nuove posizioni volte all’assistenza e alla sanità è stato aperto da under 35, così come il 30% delle attività artistiche e di intrattenimento.

 

Articolo pubblicato a febbraio 2019