Nel post pubblicato qui ci siamo chiesti come si misura la comunità Lgb (lesbiche, gay e bisessuali): se non ci limitamo all’appartenenza dichiarata cosa possiamo sapere analizzando i comportamenti? Gli studi condotti mostrano come risulti piuttosto comune aver avuto comportamenti sessuali verso persone dello stesso sesso. E ancora di più essere attratti qualche volta da persone dello stesso sesso.
Se includiamo queste ultime persone nel gruppo di coloro che consideriamo come persone Lgb, i numeri raddoppiano o triplicano. Questo succede, anche se con intensità diversa, un po’ in tutte le nazioni in cui sono stati condotti studi in proposito.
Se torniamo indietro di qualche decennio, il numero di persone che si auto-identificano come lesbiche, gay o bisessuali appare in aumento. Troviamo esempi di questo spostamento per esempio nel Regno Unito o negli Stati Uniti, ma anche in Canada o Australia. Un numero maggiore non vuol dire per forza che oggi siano di più: potrebbe darsi che alcuni di loro lo dichiarino oggi ma non l’avrebbero fatto in passato per timore di essere discriminati.
Quest’ultima ipotesi pare plausibile proprio se guardiamo a come si è evoluta nel tempo l’accettazione dell’omosessualità. Nella maggior parte delle nazioni sviluppate, di recente le persone sembrano essere diventate più tolleranti di un tempo, anche se questo non vuol dire che lo siano in assoluto.
In una scala che va da uno a dieci, dove “uno” significa che l’omosessualità non è mai giustificabile e “dieci” che lo è sempre, la media delle nazioni Ocse era quattro (nel 1981-2000). Sale appena sopra il cinque negli studi condotti in seguito.
L’Italia, per parte sua, si colloca proprio fra le nazioni in cui l’omosessualità viene considerata in modo peggiore. Gli italiani affermano di tollerare gli omosessuali molto meno, per esempio, che in Germania, Francia o Spagna e grosso modo quanto in Ungheria o Polonia.
Il nostro è anche fra i pochi paesi dove l’accettazione appare diminuita rispetto al passato, anche se questa variazione va presa con molta cautela. Come sottolinea l’OCSE stesso, “Repubblica Ceca, Grecia e Italia sono fra le uniche tre nazioni caratterizzate da un calo nell’accettazione dell’omosessualità. Tuttavia questo è probabilmente un artefatto statistico” causato dal minor numero di studi lì condotti.
Quanto ad accettare le persone omosessuali, esiste una grande differenza fra diversi gruppi sociali. Gli studi raccolti dall’OCSE indicano che in una scala crescente di accettazione, che va da uno a dieci, i valori maggiori vengono espressi da coloro che hanno una laurea.
Un’altra importante frattura è di tipo generazionale, che vede i giovani come ben più tolleranti delle persone anziane. Per parte loro, le donne tendono a una maggiore accettazione degli uomini, così come chi vive in aree urbane rispetto a quelle rurali. I meno tolleranti, in assoluto, sono risultati coloro con una licenza media o meno.
Il rapporto spiega che la maggiore tolleranza delle donne “è spiegata da un atteggiamento più negativo degli uomini verso i maschi gay”. Le differenze di età, d’altra parte, possono avere due cause diverse: “un effetto di invecchiamento per cui gli individui diventano meno tolleranti quando invecchiano”, e un effetto di coorte per cui “generazioni più giovani sono esposte a forze sociali che conducono a una maggiore accettazione delle minoranze”. Ma quale fra le due conta davvero? Dati recenti, continua l’OCSE, suggeriscono che all’opera sia il secondo effetto. Per esempio alcuni studi non hanno trovato alcun cambiamento nel tempo o in nazioni diverse.
Detto questo, esistono anche alcune eccezioni: in Canada e negli Stati Uniti sono state riscontrati miglioramenti sostanziali nella tolleranza dell’omosessualità fra le generazioni anziane, il che potrebbe indicare che un qualche spazio per il cambiamento esiste comunque.