Nelle scorse due puntate che potete trovare qui e qui abbiamo parlato del potere di acquisto degli insegnati italiani e di quale dovrebbe essere il loro salario reale. Per completare il quadro, bisogna considerare anche l’età delle persone di cui stiamo parlando. Di solito a docenti più in là nella carriera viene conferito uno stipendio maggiore, e in questo senso l’Italia non fa eccezione.
Dove siamo davvero unici, fra le nazioni sviluppate, è nell’anzianità di servizio del corpo docente italiano che non ha davvero pari fra tutti gli altri paesi censiti. Troviamo infatti che il 58% del totale dei docenti – dalle elementari alle superiori – ha oltre 50 anni, contro una media OCSE del 34%.
Appena l’1% degli insegnanti ha meno di 30 anni, mentre nel resto delle nazioni censite diventano poco più di uno ogni dieci. Questo rende i docenti italiani i più anziani del mondo.
Tramite i numeri dell’organizzazione statistica è anche possibile ricostruire i diversi percorsi di carriera, a rappresentare quanto i docenti guadagnano appena cominciato a lavorare, poi dieci e quindici anni più in là, e infine al picco massimo possibile.
L’ultimo elemento da considerare, per capire qual è il reale tenore di vita dei docenti, riguarda come è cambiato nel tempo. Un po’ a tutti i livelli il loro stipendio è rimasto fermo dopo la grave crisi economica del 2008. Questo significa che anche se formalmente hanno continuato a guadagnare lo stesso, l’aumento generale del costo della vita – pure non rapidissimo – si è “mangiato” nel tempo una parte del loro potere d’acquisto; o in altri termini con il medesimo reddito essi hanno potuto comprare meno beni e servizi di un tempo. Il calo si è poi arrestato negli anni più recenti, fino al 2017.
Anche il resto della popolazione italiana ha visto il proprio reddito tornare molto indietro dopo la recessione. Anche con la modesta crescita economica degli ultimi anni, in effetti, esso oggi rimane fermo grosso modo allo stesso livello di fine anni ‘90.
Tutti i valori dei salari riportati sono stati convertiti dall’OCSE in dollari per consentire confronti internazionali, e aggiustati per tenere in conto che nazioni diverse hanno altrettanto diversi costi della vita. Essi inoltre sono espressi a “prezzi costanti”, ovvero considerano anche l’aumento del costo della vita dovuto all’inflazione e possono quindi essere usati anche per fare confronti da un anno all’altro.