L’istituto nazionale di statistica ha pubblicato l’ultimo rapporto sui conti trimestrali delle amministrazioni pubbliche, aggiornato ora al secondo trimestre del 2019. I numeri del rapporto, che includono fra l’altro informazioni su entrate e uscite dello stato, coprono in linea di massima il periodo di governo della coalizione Movimento 5 Stelle-Lega – dai mesi subito prima della sua formazione fin quasi alla sua fine. Per questo sono quindi un utile indicatore per farsi un’idea di come il primo governo Conte ha agito sui conti pubblici italiani.
In generale, mostra il rapporto, fra il secondo trimestre 2018 e il secondo 2019 sono aumentate sia le entrate che le uscite dello Stato: la direzione dell’esecutivo appena concluso è stata tutto sommato di più tasse e più spesa. Le entrate totali, si legge, sono cresciute di un punto passando in un anno dal 45,6 al 46,6% del Pil. Le uscite aumentano leggermente meno (+0,8 punti), e anche escludendo la spesa per gli interessi sul debito pubblico il rialzo è valso 0,5 punti percentuali di PIL. La pressione fiscale, per parte sua, passa dal 40,2 al 40,5% del PIL.
Dal punto di vista della spesa, invece, le due voci da evidenziare riguardano le prestazioni sociali in denaro – ovvero in sostanza i trasferimenti di risorse dallo stato ai cittadini – e gli interessi sul debito. Le prime sono valse 3,1 miliardi di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2018, presumibilmente a causa del reddito di cittadinanza e dell’abbassamento dell’età pensionabile causata da “quota 100”.
Nello stesso periodo, i soggetti che prestano denaro allo Stato acquistando il suo debito pubblico hanno chiesto un interesse maggiore rispetto al passato. Per tutta la durata del primo Governo Conte, come mostra per esempio lo spread rispetto ai titoli tedeschi, il finanziamento del nuovo debito italiano è diventato significativamente più costoso e questo ha pesato sulle tasche dei contribuenti per 1,1 miliardi di euro in più rispetto al medesimo periodo del 2018.
Tasse e spesa pubblica sono cresciute in questo periodo non soltanto rispetto al totale delle risorse prodotte in Italia (dunque in percentuale del PIL), ma anche in valore assoluto e tenendo in conto l’inflazione. Secondo le statistiche dall’Ocse, i prezzi sono aumentati in media dello 0,8% ma entrate e uscite – in effetti soprattutto le prime – sono cresciute ben più rapidamente.