“Vi dirò un segreto. Lo faremo, certo. Così vi faremo felici. Ma non ditelo a nessuno”. Così il presidente russo Vladimir Putin ha replicato qualche giorno fa, scherzando, a chi gli chiedeva se la Russia avrebbe interferito anche nelle elezioni americane del 2020 – dopo averlo già fatto con quelle precedenti del 2016.
Battute a parte, le interferenze elettorali sono tutt’altro che una novità anche soltanto nella storia recente. Uno studio condotto nel 2016 da Dov Levin, dell’università americana Carnegie Mellon, ha cercato di ricostruire tutti i casi in cui Stati Uniti e Unione Sovietica (e più avanti la Russia) “si sono interessati” al voto degli altri.
Dal 1946 al 2000, racconta l’analisi, sono state registrati in tutto 117 interventi in elezioni estere, su un totale di 937 votazioni totali condotte. O, per dirla in altro modo, si sono verificate interferenze di qualche genere in circa un’elezione ogni nove. Di queste, 81 sono state condotte dagli Stati Uniti e 36 da Unione Sovietica o Russia.
Un catalogo di questo genere è per forza soggetto, in qualche misura, alla scelta di cosa includere e cosa escludere, così è importante capire esattamente di cosa stiamo parlando.
In dettaglio, l’autore ha definito come “interferenza” le situazioni in cui “una o più nazioni intraprendono intenzionalmente azioni specifiche per influenzare il voto in altri Paesi”, sia in maniera palese che segreta, in modo da favorire o danneggiare una certa parte politica. Per essere incluso, l’intervento deve anche aver comportato dei costi significativi – materiali o immateriali.
A guardare questi numeri più da vicino, si vede subito come quella delle interferenze elettorali sia anche una storia molto italiana. La nostra infatti è stata la nazione su cui si sono concentrati più interventi, ovvero almeno dodici nel mezzo secolo circa considerato.
In questo senso l’Italia precede di molto le due nazioni successive, ovvero Repubblica Federale Tedesca (Germania Ovest durante la Guerra Fredda) e Giappone. Nel complesso, il numero di interferenze in Italia da parte degli Stati Uniti è stato superiore rispetto a quelle da parte dell’Unione Sovietica.
A ben vedere, l’una o l’altra parte – e spesso entrambe allo stesso tempo – hanno interferito nelle elezioni politiche italiane ogni singola volta dal 1948 al 1976, con una pausa nel 1979 e poi di nuovo per l’ultima volta nel 1983. Questi, conviene ribadirlo, sono i casi che è stato possibile ricostruire in base alle fonti storiche esistenti. Poiché si è trattato spesso di operazioni segrete è possibile – anche se forse ormai a questo punto improbabile – che ci siano state altre operazioni mai venite alla luce.
Per la stessa ragione l’analisi si conclude nel 2000: più ci avviciniamo all’oggi meno è probabile che azioni segrete siano state rese note al pubblico.
Da parte degli Stati Uniti, una costante dell’interferenza nelle elezioni italiane è stata soprattutto il finanziamento della campagna elettorale di partiti “amici”, e in particolare della Democrazia Cristiana. Comunque non sono mancate spinte di altro genere, economiche e non, con in particolare le prime elezioni politiche del dopoguerra nel 1948 in cui le due potenze hanno fatto ricorso a praticamente ogni mezzo disponibile.
Anche l’Unione Sovietica ha finanziato in più occasioni la campagna elettorale del partito a essa più favorevole, ovvero ovviamente il Partito Comunista, anche se non con la stessa frequenza degli americani con la DC.
Le interferenze elettorali catalogate da parte degli Stati Uniti sono state numerose, e praticamente in ogni angolo del globo e in ogni continente a parte l’Oceania. In Italia sono state talvolta esplicite e pubbliche, talvolta segrete, e in alcuni casi hanno avuto sia una parte pubblica che una nascosta.
A volte poi queste attività hanno assunto le forme più strane come nel caso delle elezioni cilene del 1971 in cui, racconta lo studio, “una delle componenti dell’intervento americano sembra aver incluso il contrabbando di carne congelata […] per far fronte a una grave carenza emersa nel periodo precedente al voto”.
Altri tipi di “assistenza” americana, si legge ancora, sono consistiti per esempio nel “drogare uno dei candidati avversari prima di una importante conferenza stampa (Filippine, 1953)”.
Numericamente più limitate, le interferenze da parte dell’Unione Sovietica e poi della Russia si sono concentrate spesso in Europa, e oltre all’Italia hanno riguardato anche Germania, Francia, Grecia e Finlandia.
Durante la Guerra Fredda essa ha cercato di influenzare il voto americano in almeno due occasioni, ovvero nel 1948 e nel 1984. Nel secondo caso, per esempio, l’allora presidente del KGB Yuri Andropov ordinò una serie di azioni per cercare di prevenire la rielezione di Ronald Reagan alla presidenza americana.
Dato il sistema politico in Unione Sovietica ricambiare il favore da parte degli Stati Uniti era, s’intende, impossibile. E tuttavia qualche anno dopo il crollo del comunismo il presidente americano Bill Clinton si spese personalmente in favore di Boris Yeltsin, nella sua corsa alle elezioni russe del 1996. Il Fondo Monetario Internazionale, d’altra parte, prima del voto approvò un grosso prestito in favore della Russia che come notò allora il New York Times sarebbe probabilmente stata d’aiuto allo stesso Yeltsin.
Quali che ne siano l’origine, il bersaglio, o le modalità, difficilmente abbiamo assistito all’ultima di queste interferenze.