Una donna su dieci con almeno un figlio non ha mai lavorato, per dedicarsi completamente alla cura dei figli, la media europea è del 3,7%. Al sud ha fatto questa scelta una donna su cinque con almeno un figlio dichiara di non aver mai lavorato per potersene prendere cura.
Lo raccontano dati Istat pubblicati in questi giorni, relativi alla difficoltà di conciliazione di lavoro e vita personale di 63 mila famiglie e di circa 80 mila persone tra 18 e 64 anni residenti in 1.264 comuni distribuiti in tutte le province italiane.
Avere un figlio cambia molto di più la vita professionale di una donna rispetto a quella di un uomo. Il tasso di occupazione dei padri dai 25 ai 54 anni, classe di età in cui è più alta la presenza in famiglia di figli con meno di 15 anni, è dell’89,3% mentre per gli uomini senza figli coabitanti è pari all’83,6%. Il tasso occupazionale delle mamme che lavorano è invece molto maggiore (seppur del 15% inferiore a quello maschile) delle donne senza figli: il 57% contro il 72%. Se i bambini sono in età pre scolare i tassi di occupazione femminili sono ancora più bassi: 53% per le donne con figli di 0-2 anni e 55,7% per quelle con figli di 3-5 anni. Nel frattempo la quota di chi resta fuori dal mercato del lavoro è più bassa per i padri rispetto agli uomini senza figli (il tasso di inattività è rispettivamente 5,3% e 9,1%) e più alta invece per le madri (35,7% contro 20,3%).
Per il lavoro delle madri – poi – è cruciale il titolo di studio: il divario con le donne senza figli scende da 21 punti percentuali se il titolo di studio è basso a 3,7 punti se pari o superiore alla laurea. Complessivamente sono occupate otto madri laureate su dieci contro poco più del 34% di quelle con titolo di studio pari o inferiore alla licenza media.
Il divario nord sud è evidente, e lo abbiamo citato in molte altre occasioni: nelle regioni meridionali il tasso di occupazione delle madri risulta particolarmente basso (35,9%) mentre al Centro e al Nord si attesta rispettivamente al 65,1% e al 69,4%.
L’interruzione lavorativa per chi è occupato o la mancata partecipazione al mercato del lavoro per motivi legati alla cura dei figli riguardano quasi esclusivamente le donne. Nel 2018, quasi la metà delle ragazze fra i 18 e i 64 anni che hanno avuto figli è stata a casa dal lavoro per almeno un mese continuativo, dopo la maternità obbligatoria, che in Italia è più breve di molti altri paesi europei, allo scopo di prendersi cura dei figli piccoli.
È interessante osservare che alla domanda “fai fatica a conciliare lavoro e famiglia?” la percentuale di uomini e di donne che hanno risposto di sì è la stessa, intorno al 35%, ma alla prova dei fatti sono soprattutto le donne ad aver modificato qualche aspetto della propria attività lavorativa per meglio combinare il lavoro con le esigenze di cura dei figli: il 38,3% delle madri occupate, oltre un milione, ha dichiarato di aver apportato un cambiamento, contro poco l’11,9% dei padri, circa mezzo milione di uomini. Le principali modifiche riguardano la riduzione o il cambiamento dell’orario di lavoro, che può voler dire modificarlo o ridurlo. Bene, tra le madri che hanno modificato aspetti del proprio lavoro più di sei su dieci hanno ridotto l’orario e circa due su dieci lo hanno cambiato senza ridurlo. Tra i padri invece, il cambiamento più importante segnalato è la modifica dell’orario, che ha riguardato il 38,3% del campione, più che la sua riduzione, che ha toccato il 27,2%.
Non è semplice interpretare questi dati. Da una parte può dirci che sono le donne a dover portare sulle spalle il peso della “flessibilità”, ma dall’altro non avere alcuna forma di flessibilità, anche quando se ne avrebbe bisogno, può significare un minore empowerment. La quota di donne che ha modificato parte del proprio lavoro è infatti superiore alla media tra le donne che svolgono una professione qualificata o impiegatizia (42,1% e 43,5% rispettivamente) mentre è leggermente più bassa tra le addette al commercio e servizi (36,8%). E s sono soprattutto le madri operaie o occupate in professioni non qualificate, a poter scegliere di meno: solo il 25% di loro ha potuto modificare aspetti del proprio lavoro per ragioni familiari.