Una ricerca pubblicata nel 2018 dalla Banca d’Italia dal titolo Measuring the financial literacy of the adult population: the experience of Banca d’Italia, ha rilevato un gap sostanziale fra il nostro paese e il resto dell’area Ocse quanto al livello di conoscenze di base dei temi legati alla finanza personale, al risparmio e agli investimenti: il 30% degli italiani ha raggiunto un livello di conoscenza di questi aspetti della propria economia domestica adeguato, contro una media Ocse del 62%.
Il livello di conoscenza finanziaria non è uniforme in tutta la popolazione. Gli uomini presentano livelli di consapevolezza finanziaria maggiori delle donne, anche se il gap è minore rispetto ad altri paesi dell’area OCSE: le donne altamente istruite, in particolare, hanno punteggi di conoscenza finanziaria inferiori rispetto ai loro coetanei maschi.
Rimane l’istruzione uno dei fattori più importanti per garantire livelli adeguati di comprensione dei concetti finanziari. Il punteggio medio delle conoscenze scende da circa 4 per i laureati a circa 3,2 per le persone diplomate e a 2 fra chi non ha il diploma. Le conoscenze finanziarie sono inoltre più basse fra chi non lavora, incluse le casalinghe. Insomma: il vecchio concetto delle casalinghe custodi dell’economia domestica non regge alla prova dei dati.
E le donne, come sappiamo, partecipano in misura ancora molto minore al mercato del lavoro. Al Sud una donna su cinque con almeno un figlio non lavora. La media europea è il 3,7% .
Va sottolineato che è probabile che le differenze nella composizione sociodemografica svolgano un ruolo nello spiegare le performance dei paesi. Rispetto ad altri paesi, l’Italia è caratterizzata da una più alta percentuale di individui con bassi livelli di istruzione: circa il 47% della popolazione italiana adulta non ha il diploma (Infodata ne parlava qui) contro il 14% dei tedeschi, il 10% dei canadesi e degli inglesi.
Fra le fasce più giovani le cose non vanno affatto meglio: secondo una ricerca del 2015, circa il 20% degli studenti non riesce a raggiungere neppure la sufficienza quando si tratta di comprensione di fenomeni finanziari di tutti i giorni, che riguardano per esempio gli acquisti, e solo il 6% (la metà in percentuale degli altri paesi) mostra di avere un livello massimo di padronanza del tema. Nonostante questo, un aspetto positivo rispetto a cinque anni prima si registra un lieve miglioramento.
In realtà non è da molto che si cercano di misurare i livelli di educazione finanziaria delle persone. La prima ricerca internazionale è quella di Ocse (OECD-INFE, 2015), sulla base della quale all’inizio del 2017 la Banca d’Italia ha condotto un sondaggio di esempio su circa 2.500 persone adulte, che ha contribuito all’attuazione in Italia della strategia nazionale per l’educazione finanziaria nel 2017.
Gli italiani sono risultati per esempio inconsapevoli dei vantaggi della diversificazione del portafoglio: solo il 37% degli intervistati comprende che i rischi possono essere ridotti acquistando una vasta gamma di azioni e titoli. Inoltre, meno della metà di loro è in grado di calcolare un tasso di interesse semplice.
È probabile che questi risultati siano influenzati dai comportamenti dei diversi intervistati nei vari paesi. Ad esempio, l’Italia sembra essere caratterizzata da un elevato tasso di mancata risposta alle domande di conoscenza finanziaria: solo una persona su tre risponde a tutte e 7 le domande, contro il 66% in Canada e oltre la metà della popolazione adulta in Germania e Paesi Bassi. Si registra inoltre una scarsa propensione degli italiani a perseguire obiettivi finanziari a lungo termine: solo il 27% degli intervistati concorda con l’affermazione “Ho fissato obiettivi finanziari a lungo termine e si sforzano di raggiungerli”, la percentuale più bassa dell’area OCSE. Il budget viene utilizzato a malapena: solo il 37% degli adulti afferma che la propria famiglia stabilisce un budget per decidere quanto del loro reddito verrà speso per coprire le proprie spese di vita e quanto verrà risparmiato. Tuttavia, gli adulti italiani mostrano una minore tendenza al prestito: solo il 15% degli adulti si è trovato in una situazione in cui il reddito familiare era insufficiente a coprire il costo della vita e hanno fatto ricorso a prestiti negli ultimi 12 mesi.