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economia

I nostri grafici del decennio: la relazione “malata” degli italiani con i farmaci

In questo 2019 Infodata ha dedicato molto spazio ai dati sanitari, con particolare attenzione al tema del consumo di farmaci e dell’allarmante fenomeno dell’antibiotico resistenza.

Quello che è emerso è che in Europa in soli tre anni   le variazioni nelle percentuali di resistenza tra il 2015 e il 2018 sono state moderate e la resistenza è rimasta ai livelli elevati precedentemente riportati, e l’Italia è uno dei paesi dove il rischio di resistenza è maggiore.

Per quanto riguarda l’Escherichia coli  per esempio, siamo al secondo posto per numero di morti, con 4 decessi, un quinto del totale di tutta l’Europa e ai primi posti anche per numero di ospedalizzazioni: 81 su 94 casi.

Per arginare il problema dobbiamo fare due cose: prevenzione attraverso norme igieniche, e attenerci all’aderenza terapeutica corretta. Eppure, solo il 17% degli intervistati italiani (dati EFSA  ) ha dichiarato di preoccuparsi personalmente di sicurezza alimentare, contro una metà europea del 41%.

Nemmeno sull’aderenza terapeutica, gli italiani sono molto forti,  e non solo per le malattie infettive. Statine, antipertensivi e antidepressivi: cresce il consumo ma pochi seguono bene la terapia.   Solo il 20,6% degli utilizzatori di statine e il 23% di chi fa uso di antipertensivi segue la prescrizione medica con precisione. A 150 giorni dall’inizio della terapia – cioè a meno di sei mesi, per una terapia che spesso dovrebbe durare tutta la vita – la probabilità di interrompere il trattamento è del 50%.

 

C’è però una buona notizia: anche per il 2018 si conferma il trend in crescita nel consumo di farmaci a brevetto scaduto, che costituiscono il 65,9% della spesa e l’82,7% dei consumi in regime di assistenza convenzionata. Oggi il 17% dei farmaci utilizzati in assistenza convenzionata è ancora coperto da brevetto, incidendo per il 34% sulla spesa farmaceutica territoriale totale.

Eppure, l’aumento del peso della spesa farmaceutica sul totale è dovuto al progressivo incremento della quota differenziale per l’acquisto dei farmaci di marca, rispetto agli equivalenti, mentre la progressiva riduzione dei ticket per le prestazioni specialistiche indica uno spostamento della domanda verso il privato .Nel complesso la quota fissa per i farmaci si è ridotta di 15,8 milioni dei euro nel periodo 2017-18 (3,2%), mentre quella relativa al prezzo di riferimento, più alto per i farmaci di marca, è aumentata di 76,8 milioni (+7,3%). Dei citati 26,6 euro che ogni cittadino spende per i farmaci, solo il 30% (8 euro) è relativo alla quota fissa, mentre 18,6 euro riguardano la quota differenziale sul prezzo di riferimento.