Un tesoretto di oltre 38 miliardi di euro, di cui circa una trentina finanziati dalla politica di coesione dell’Unione europea: sono le risorse che le regioni e alcuni ministeri dovranno spendere entro il 2023 per realizzare progetti e iniziative per i quali sono già stati impegnati.
Sono i finanziamenti del Programmi operativi regionali (Por) e nazionali (Pon), coperti in buona parte dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e dal Fondo sociale europeo (Fse) per il periodo 2014-2020.
Grazie alla regola conosciuta come N+3, che consente di utilizzare i fondi entro tre anni dall’impegno a bilancio, le spese potranno essere certificate alla Commissione europea entro la fine del 2023. Si tratta di 9,5 miliardi all’anno, una cifra imponente se confrontata con i 15,2 miliardi spesi dal 2014 a oggi.
La preoccupazione della Ue
Il dato si ricava dall’analisi delle tabelle pubblicate a inizio anno dall’Agenzia per la coesione territoriale, che portano comunque una buona notizia: tutti i 51 programmi operativi regionali e nazionali hanno raggiunto l’obiettivo di spesa del 2019 e dunque hanno evitato (per ora) di incappare nella tagliola del disimpegno automatico, che comporta la cancellazione delle risorse non spese in tempo.
Gli ultimi anni di programmazione comportano una fisiologica accelerazione della spesa, ma gli importi in gioco per i prossimi anni sono rilevanti soprattutto se rapportati alla scarsa capacità di spesa di molte amministrazioni, regionali e ministeriali.
La situazione è monitorata con attenzione dalla Dg Politiche regionali della Commissione europea, che già a inizio novembre, in occasione della riunione annuale con le regioni e il governo a Trieste, aveva espresso le proprie preoccupazioni per la lentezza con cui l’Italia spende i fondi strutturali europei. Come illustra la tabella, la capacità complessiva di assorbimento di tali risorse a fine 2019 si è fermata al 28,53%, un dato che resta tra i più bassi dell’intera Unione.
Le classifiche
Darà fastidio a qualcuno, ma una classifica è comunque un primo elemento di valutazione e di messa a fuoco dell’efficienza delle amministrazioni e della capacità, a volte anche politica, di utilizzare i fondi strutturali europei di cui l’Italia è il secondo beneficiario.
I programmi che hanno superato la soglia del 40% nella certificazione delle spese rispetto alla dotazione complessiva dei fondi sono cinque, con in testa il Por Piemonte del Fondo sociale che sfiora il 50 per cento. A seguire Fesr Emilia Romagna, Iniziativa Giovani (gestito del ministero del Lavoro e destinato alla formazione dei giovani che non studiano e non lavorano, i Neet), Fse Lombardiae Fesr Toscana. Solo due regioni, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, si piazzano nelle prime dieci con entrambi i programmi (Fse e Fesr). Tra i primi dieci programmi anche il Por Fesr della Basilicata, prima regione del Mezzogiorno.
Tra le cinque regioni meno sviluppate, dopo la Basilicata si piazza la Calabria, che ha un programma plurifondo (Fesr + Fse) e dunque molte più risorse da spendere: al 15° posto ha già certificato il 29,23%, ma ha ancora 1,68 miliardi da spendere nei prossimi tre anni. Da questo punto di vista, la regione che ha più risorse ancora disponibili è la Puglia(come per la Calabria, anche in questo caso il programma è unico): 5,19 miliardi da spendere su un totale di 7,12 miliardi. Tra le regioni grandi beneficiarie, si piazza poco sopra metà classifica la Campania con il Fesr, al 27,37%, e ancora quasi 3 miliardi da spendere.
Agli ultimi posti si piazzano tre programmi gestiti da ministeri: il Pon Imprese e competitività(Mise), che a fine 2019 aveva speso un quinto dei 3,06 miliardi disponibili; il Pon Inclusione(ministero del Lavoro) con il 19,11% di spesa e, ultimo, il Pon Legalità, gestito dal ministero dell’Interno, fermo al 14,7% di spesa certificata e ancora più di mezzo miliardo di spesa da realizzare.
Le regioni terremotate
Per Marche, Abruzzo e Umbria, nelle posizioni a ridosso delle ultime, occorre precisare che le dotazioni complessive sono state sensibilmente aumentate a programmazione in corso, con un capitolo (asse, nel gergo tecnico) riservato alla ricostruzione post-terremoto. Lo stesso discorso vale per il Lazio che tuttavia può vantare percentuali di spesa maggiori. Per queste risorse – precisano la Regione Marche e la Commissione europea – non c’è alcun obbligo di spesa prima della fine del 2020 e quindi vanno escluse dal calcolo di fine 2019. In ogni caso, tutte e quattro le regioni hanno raggiunto i target N+3 e dunque non perdono risorse.