I dati diffusi dall’ultimo bollettino della Protezione Civile (22 marzo 2020 ore 18) mostrano chiaramente una tendenza che si osserva dall’inizio dell’epidemia, e che in molti hanno rilevato: in Veneto la percentuale di casi gravi rispetto al totale è grosso modo la metà rispetto alle altre regioni più colpite dall’inizio dell’epidemia come Lombardia, Emilia Romagna e Marche, e anche rispetto alla regioni che hanno iniziato a vedere incrementare il numero di casi con qualche giorno di ritardo, come Piemonte e Toscana.
Sebbene anche in Veneto i casi continuino a crescere, al momento il Veneto non è vicino al collasso, anzi. Lo dice ogni giorno il Presidente Zaia, pur con toni di preoccupazione sulla nostra responsabilità nell’uscire da questo dramma, e lo confermano i dati.
La percentuale di ricoveri più bassa fra le regioni con più casi
Il Veneto conta oltre 5500 casi (23 marzo 2020) di Coronavirus, ma “solo” – con molte virgolette – il 30% circa è ricoverato: il 5% in terapia intensiva e il 25% in area non critica. Senza voler fare un paragone sempre e solo con la vessata Lombardia (il 68% dei casi è ricoverato), in Emilia Romagna che ha un numero di abitanti in linea con il Veneto, è ricoverato il 42% dei positivi, in Piemonte il 58%. Osservando i dati nel tempo in Piemonte, dove sono stati fatti pochi tamponi nel primo periodo, si osserva una crescita accesa del numero di ricoveri rispetto alla crescita dei casi.
Certo, c’è da fare un’osservazione metodologica importante: il denominatore di tutti i conti, cioè il numero di casi totali per regione, non è facilmente confrontabile, per il gap fra regioni nel numero di tamponi. Insomma: guardare la linea dei positivi che sale ogni giorno per regione non è molto significativo in termini sistemici.
Inoltre, sappiamo dalle tante testimonianze raccolte dai media, specie da quelli locali, la gestione dei ricoveri non è uniforme in tutte le regioni: ci sono casi di persone con forti sintomi che sono a casa, altre che in altre regioni a parità di sintomi sono ricoverate. Quello che ci interessa è capire che il dato di saturazione dei reparti e in particolare di quelli di terapia intensiva è un indicatore fondamentale per capire il livello di stress del sistema.
Quali dati vengono pubblicati dall’Azienda Zero
La Regione Veneto è quella che a nostra conoscenza diffonde più dati pubblicamente sui propri siti web e profili social ufficiali. Due volte al giorno l’Azienda Zero (l’ente sanitario a cui fanno capo le ASL venete) pubblica non solo il numero di casi per provincia, ma anche il numero di tamponi effettuati, e soprattutto il numero dei ricoveri, di quelli in terapia intensiva, dei dimessi e dei decessi per singolo ospedale del Veneto. Siamo ancora lontani dagli open data, perché qui si parla ancora di tabelle in pdf e non c’è ancora una pagina web dove si trovano tutti caricati ordinatamente uno dopo l’altro, ma non è difficile reperirli sui profili ufficiali.
Badate bene: non significa che le altre regioni non abbiano questi dati, o che non li condividano con il Ministero o con la Protezione Civile. Noi stiamo parlando dei dati dettagliati che le regioni condividono in tempo reale direttamente con i propri cittadini, e che quindi anche noi possiamo facilmente raccontare. (Ne abbiamo parlato a lungo in un post di qualche giorno fa, anzi continuate ad aiutarci a mappare che cosa condivide direttamente con i cittadini ogni regione segnalandoci fonti di dati!)
I numeri dei tamponi, e i risultati
Al 23 marzo in Veneto ci sono 1400 persone ricoverate in area non critica (l’equivalente di due ospedali di provincia) e 281 in terapia intensiva, oltre a 3276 persone in isolamento domiciliare. Sono 192 i decessi, molti meno rispetto alle altre regioni, anche se il dato sui decessi è poco significativo al momento, per i grandi bias che viviamo regione per regione nella gestione della registrazione delle morti, specie fra le persone che non hanno ricevuto un tampone. Sarà interessante quando tutto questo sarà finito, confrontare i tassi di mortalità in questi mesi con i tassi medi di analoghi periodi di anni precedenti e verificare l’ordine di grandezza della variazione.
Nel complesso alla mattina del 23 marzo ore 8 si contano 15.376 veneti in isolamento, compresi quindi i contatti di persone positive ma che non hanno fatto il tampone. Le ragioni dell’alto numero di persone in isolamento (il gap con le altre regioni oggi si sta riducendo, ma i primi giorni dell’epidemia era notevole) è dovuto all’altissimo numero di tamponi che la regione Veneto ha scelto di effettuare in poco tempo. Si sa che il Veneto ha da subito attuato una politica di tamponi massiccia, e ha dichiarato in più occasioni che sta continuando a farlo, grazie anche alla cospicua donazione di un industriale che vuole rimanere anonimo.
Già al 15 marzo il Veneto (quasi 5 milioni di abitanti) aveva eseguito oltre 32 mila tamponi, l’Emilia Romagna 12 mila, il Piemonte 4 mila e la Lombardia 40 mila, nonostante abbia il doppio degli abitanti del Veneto. Oggi, 23 marzo, i tamponi in Veneto sono 64 mila, il doppio in una settimana. Nella conferenza stampa giornaliera del 23 marzo, il Presidente Zaia ha dichiarato di voler arrivare in un paio di settimane a effettuare 20 mila tamponi al giorno attraverso un progetto coordinato dall’Università di Padova assieme alla Regione e alla Croce Rossa. L’idea è quella di partire dai 2 mila tamponi attuali, per arrivare ai 4 mila questo fine settimana (28-29 marzo), e sfiorare i 20 mila test in 24 ore entro le due settimane. Obiettivo: abbattere ulteriormente il numero dei ricoveri.
Lo dice anche Zaia: non è tutto perfetto. Talvolta mancano i reagenti per riuscire a fare in poco tempo tutte le analisi dei tamponi previste, ma la Regione, spiegano, sta procedendo in questo senso per aumentare la capacità delle ULSS di eseguire più test, anche con l’assunzione di personale.
Le terapie intensive, ospedale per ospedale
Al momento ci sono 25 ospedali in Veneto con pazienti in terapia intensiva con COVID19, per un totale di 281 persone. I posti ordinari in terapia intensiva in Veneto (dato Ministero della Salute 2018) sono 494, e ciò significherebbe che il 57% dei posti disponibili è oggi occupato da pazienti COVID. La realtà è però un’altra, perché il 15 marzo la Regione ha presentato il primo Piano ospedaliero che ha aggiunto 331 posti letto in terapia intensiva, 298 in semi intensiva e 1612 posti letto nei reparti di malattie infettive. Si è passati quindi da 744 a 2985 posti letto complessivi. A questi si aggiungono 740 posti letto da dedicare alle degenze “normali”, che verranno ricavati con la riattivazione degli ex ospedali di Valdobbiadene, Monselice, Bussolengo, Isola della Scala e Zevio, e 110 posti letto nelle cosiddette “Strutture Intermedie”.
Si tratta di posti letto pianificati per essere resi operativi man mano che l’epidemia cresce, e mentre arrivano le strumentazioni acquistate. Ciò significa che al momento la regione può mettere in campo 825 posti letto in terapia intensiva e che dunque il tasso di saturazione per COVID sarebbe al momento del 34%.
Il Piano di Emergenza prevede infine l’indicazione di alcuni “Covid Hospital” che, al loro interno, avranno aree totalmente isolate dal resto della struttura. Sono gli ospedali di Belluno, Vittorio Veneto, Dolo, Jesolo, Trecenta, Schiavonia, Santorso, Villafranca e Borgo Roma a Verona. Le realtà con più posti occupati in terapia intensiva al 23 marzo sono L’Azienda Ospedaliera di Padova e l’Ospedale di Verona Borgo Trento con 34 posti occupati ciascuno. Seguono Schiavonia (22 posti occupati) e Treviso e Vicenza (entrambi con 20 posti occupati).