Come sta andando il mercato del lavoro? Chiaramente non bene, almeno per la maggiore parte delle professione colpite dai lockdown che gli Stati hanno deciso per l’epidemia del coronavirus. La piattaforma LinkedIn hiring rate, si legge nella nota, è in grado di fornire alcune anticipazioni su come il mercato del lavoro stia rispondendo, e cosa potrebbe essere prevedibile per quelle realtà che stanno ora iniziando ad affrontare l’impatto del COVID-19.
Analizzando le conversazioni che avvengono sulla piattaforma LinkedIn,secondo il social network per i professionisti alcune aziende hanno adattato i processi legati ai colloqui di lavoro rallentando le assunzioni o procratinando i tempi di inizio effettivo per i nuovi assunti.
Il team di analisti di LinkedIn ha esaminato i numeri legati alle assunzioni in due dei paesi più colpiti all’inizio, ovvero noi e la Cina. Conclusione? Poco dopo l’emissione delle ordinanze di quarantena da parte di ciascun paese, le assunzioni a livello nazionale sono crollate. Andando nello specifico:
Circa due settimane dopo che LinkedIn dopo il primo calo in Cina, il tasso crescita è crollata a un minimo del -45% su base annua. Le assunzioni hanno iniziato lentamente ad incrementarsi appena le azioni di contenimento del virus hanno iniziato ad avere effetto, ma continua a oscillare intorno al dato negativo del -26% su base annua anche nella situazione in cui le persone tornano al lavoro.
In Italia c’è una tendenza simile: tre giorni dopo il blocco del paese, il tasso di assunzioni è andato in negativo. E una settimana dopo il calo iniziale, il tasso di assunzioni è crollato a un minimo del -40% su base annua.
Sono circa 8 milioni 434 mila (il 65,8% del totale) i lavoratori dipendenti che in questo momento non lavorano, in larga parte perché interessati dal fermo imposto dai DPCM dell’11 e 22 marzo scorso, e successive modifiche (5mln e 717 mila unità, il 44,6%) e in altra misura perché sono in ferie obbligate o bloccati dalla sospensione volontaria delle attività (2mln e 717 mila, il 21,2%). I restanti 4 milioni 384 mila lavoratori dipendenti (il 34,2%), invece, continuano a lavorare: nel 17,2% dei casi principalmente o in via esclusiva da casa (2 mln 205 mila), in un altro 17% in sede (2 mln e 179 mila). Il blocco delle attività produttive, unito alla chiusura volontaria di altre, ha portato alla sospensione del 65,9% delle attività imprenditoriali italiane. È il quadro stimato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nel focus “Emergenza Covid-19: l’impatto su aziende e lavoratori secondo i Consulenti del Lavoro”, che riporta i risultati dell’indagine condotta tra il 23 e il 25 marzo 2020 su 4.463 iscritti all’Ordine, con l’obiettivo di valutare le conseguenze della pandemia sul tessuto produttivo italiano e sui suoi addetti ai lavori.