Nonostante il Coronavirus sia arrivato negli Stati Uniti a scoppio ritardato rispetto alla Cina ed in seconda battuta all’Europa, ormai i numeri oltre oceano sono impietosi e, come ha riportato anche il New York Times, se il tasso di crescita dovesse mantenersi sui ritmi attuali, nell’area metropolitana della Grande Mela si potrebbe verificare un’epidemia più drastica di quanto avvenuto a Wuhan in Cina.
Di fronte ad un conteggio complessivo delle vittime che ieri ha superato le quattromila unità, con la sola New York già oltre quota mille decessi, anche Donald Trump ha dovuto fare un passo indietro rispetto alle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi in cui aveva anticipato la possibilità di “riaprire” gli Stati Uniti in concomitanza con la Pasqua.
Si è quindi passati dall’ottimistico scenario in cui il virus sarebbe scomparso “like a miracle” ad una evidente necessità nel mantenere le misure ristrettive prorogandole almeno fino al 30 di aprile compreso, con la consapevolezza che le prossime due settimane saranno probabilmente le più dure e, al contempo, fondamentali per capire quale sia la possibile evoluzione della situazione americana.
Chiaramente, la gestione e il racconto dell’epidemia del coronavirus sul suolo americano condizionerà pesantemente le prossime elezioni Usa.
Non a caso, proprio in merito alla suddivisione politica americana, Nate Silver (padre creatore di FiveThirty Eight) ha recentemente proposto una “fotografia” della situazione a livello dei contagi nei vari stati a stelle e strisce, sottolineando come la diversa reattività in fase di test abbia caratterizzato le differenze nelle varie parti della nazione.
Fivethirtyeight (link all’articolo) ha infatti pubblicato una serie di dati in cui vengono riportati i tassi di casi positivi a parità di abitanti (nominalmente considerati per diecimila persone) ponendo l’attenzione sulla distribuzione in funzione del candidato che nelle scorse presidenziali ha ottenuto il consenso per ciascuno stato. Qui invece pubblica quotidianamente un sondaggio che misura la popolarità di Donald Trump
Nei grafici che seguono sono stati riportati il numero di persone positive al covid-19 su base di 10 mila abitanti registrati in ogni stato al 26 di Marzo, riportati con un cerchio tanto più grande al crescere del valore. Ne dettaglio, il colore degli stati è associato al candidato vincente alle ultime elezioni: blu per la democratica Clinton e rosso per il repubblicano Trump. Segue poi la variazione percentuale rispetto ai dati registrati tre giorni prima (23 Marzo) sempre caratterizzata dallo stesso schema di colore.
Dal punto di vista prettamente numerico, considerando i numeri assoluti aggiornati al 26 marzo, è significativo notare come per tasso di positivi ogni diecimila abitanti gli stati di appartenenza democratica (alle precedenti elezioni presidenziali) siano notevolmente più esposti, oltre ad essere tendenzialmente i primi in cui si sono sviluppati i primi “focolai”.
A partire dallo stato di New York che guida con più di diciannove persone (19,2) sul riferimento di diecimila, passando poi per il New Jersey che supera quota sette (7,7), sono almeno altri sei gli stati in cui il valore è uguale o superiore a due: Massachusetts (3,5), Washington (3,4), District of Columbia (3,3), Connecticut (2,8), Vermont (2,5) ed Illinois (2).
Per contro, tra gli stati di stampo repubblicano, sono solamente due i casi: la Louisiana con cinque persone su diecimila (che vale il terzo posto assoluto) e il Michigan con poco meno di tre persone (2,9).
Come anticipato però, visti i numeri in continuo aggiornamento, se si considera l’evoluzione del fenomeno nel tempo, ecco che si presenta uno scenario diametralmente opposto.
Con riferimento ai dati di soli tre giorni prima, la variazione percentuale registrata segnala una prevalenza di stati repubblicani nelle prime dieci posizioni, con ben nove casi.
È infatti il solo Massachusetts (210 %) a comparire come rappresentante democratico, in quarta posizione, dopo il Texas che con un rotondo 300% è primo assoluto in fatto di crescita rispetto alla rilevazione del 23 marzo, seguito poi da Oklahoma (215%) e West Virginia (211%), rispettivamente secondo e terzo.
Sebbene appartenenti ad un’unica nazione, anche la disciplina che ha regolamentato la fase di test è declinata per ogni stato e, stando alle stime che riportano una percentuale di test più elevata negli stati democratici, non è da escludere che i valori assoluti più bassi negli stati repubblicani possano essere figli anche di questo fattore.