Il 16 aprile è stato pubblicato in preprint (cioè come bozza, non su una rivista scientifica che prevede Peew Review) lo “studio di Vo’”, che riporta i risultati dell’analisi condotta da un ampio team di epidemiologi della Regione Veneto sul paese padovano di Vo’ Euganeo, il primo paese in Veneto dove è stato rilevato ufficialmente il primo caso di morte con/per Coronavirus il 21 febbraio 2020. L’esperienza di Vo’ è interessante da analizzare perché permette di studiare una comunità chiusa, dal momento che il paese è stato messo in quarantena ben prima dei vari lockdown regionali e nazionali quasi tre settimane dopo.
A Vo’ sono stati eseguiti tamponi su quasi tutti i cittadini (l’85,9% nella prima Survey e il 76,1% nella seconda), che significa avere un denominatore ben determinato su cui poi elaborare i rapporti sul numero di sintomatici, asintomatici, ricoveri, ricoveri in terapia intensiva.
Sappiamo bene (anche se talvolta si è portati a scordarlo) che nel resto d’Italia i dati, a partire da quelli sui casi, vanno presi con le pinze proprio perché non abbiamo il dato su quanto sia realmente diffuso il virus fra la popolazione. Questo perché anzitutto nessuna regione ha potuto eseguire dei tamponi su quasi tutta la popolazione, e in ogni caso la differenza sul tasso di tamponi per popolazione fra le regioni è enorme. La Regione Veneto per esempio ha eseguito li stesso numero di tamponi della Lombardia pur avendo la metà degli abitanti. Il Piemonte ha pochi meno abitanti del Veneto ma ha fatto poco più di un terzo dei tamponi.
La prevalenza
Gli scienziati hanno raccolto informazioni su demografia, presentazione clinica, ricovero, rete di contatti e presenza di infezione da SARS-CoV-2 nei tamponi nasofaringei su un totale di rispettivamente 2.812 e 2.343 persone, in maniera omogenea rispetto alle classi di età.
Nella prima rilevazione sono risultate positive 73 persone su 2.812, nella seconda 29 soggetti su 2.343, con solo 8 persone nuovi casi. Teniamo presente che a oggi (20 aprile) la sommatoria dei positivi a Vo’ è ferma a 87 casi totali, segno che le misure di contenimento hanno dato i loro frutti. In termini percentuali si tratta di prevalenze rispettivamente del 2,6% e dell’1,2%. Gli autori stimano che il tasso di riproduzione R0 del virus corrispondeva a 3 nella prima settimana per poi scendere a 0,14 (molto meno del fatidico valore soglia di 1, che significa che ogni positivo ne contagia un altro) alla fine del lockdown.
Il modello stima quindi che il 4,4% della popolazione di Vo’ deve essere stata esposta all’ infezione e che probabilmente il virus è arrivato a Vo’ nella seconda metà di gennaio.
Il 43% era asintomatico, ma ugualmente contagioso
Un dato centrale che emerge dallo studio è che quasi la metà dei contagiati, il 43,2% nei due sondaggi era asintomatico. Non è stata inoltre individuata alcuna differenza statisticamente significativa nella carica virale delle infezioni fra chi presentava sintomi e chi no. Non pare insomma che chi presenta sintomi sia più contagioso di chi non li presenta, anzi: anche i sintomatici sono risultati contagiosi ben prima che i sintomi si presentassero.
Come si sono contagiati i “nuovi infetti” durante il lockdown?
Un aspetto cruciale in questo campionamento è stato il tracciamento dei contatti dei nuovi casi infetti ricostruendo la catena di trasmissione. È emerso che la maggior parte delle nuove infezioni nella seconda delle due rivelazioni sono state infettate nella comunità prima del blocco o da infezioni asintomatiche che vivono nella stessa famiglia.
Lo studio dettaglia le caratteristiche degli 8 casi di nuove infezioni fra le due surveys (5 dei quali asintomatici), grazie al tracciamento della catena di trasmissione:
Caso 1: non è stato possibile capire dove è avvenuto il contagio;
Caso 2: ha avuto contatti con quattro familiari tutti non sintomatici prima del lockdown;
Caso 3: ha avuto contatti con due persone sintomatiche prima del lockdown;
Casi 4 e 6: vivevano con familiari positivi sintomatici;
Caso 5: ha riportato contatti con asintomatici prima del lockdown;
Caso 7: non è stato possibile capire dove è avvenuto il contagio;
Caso 8: vive con due familiari positivi asintomatici.
I bambini e gli anziani
Sono stati testati 234 bambini da 0 a 10 anni e nessuno di essi è risultato positivo al virus anche se solo 13 di loro vivevano in famiglie con persone positive. “Ciò non significa che possiamo concludere che i bambini non rischiano di ammalarsi” precisano gli autori nelle conclusioni. “I tamponi nasofaringei testano il virus in attività nell’individuo, ma non se si è stati esposti allo stesso. Per quello servono test sierologici, che chiariranno meglio anche come si articola l’infezione nei bambini”.
Nel gruppo degli under 50 la prevalenza di positivi è leggermente inferiore (1,2% e 1,7%) mentre nelle fasce di popolazione più anziane le percentuali sono maggiori.
Sugli 81 casi positivi fra le due surveys, 14 persone hanno richiesto ospedalizzazione, cioè il 17%. Il campione esigui non permette di fare analisi particolarmente significative rispetto all’impatto per classe di età o di condizioni di comorbilità. Gli autori precisano infatti di non aver rilevato correlazioni statisticamente rilevanti in merito.
Generalizziamo le misure, più che le stime
Quanto possiamo generalizzare i risultati di Vo’? Al momento non lo sappiamo, perché non sono ancora chiare nelle regioni più colpite le catene di trasmissione. Gli autori lo precisano chiaramente nel disclaimer in apertura: “questo articolo riporta nuove ricerche mediche che devono ancora essere valutate e quindi non dovrebbero essere utilizzate per guidare la pratica clinica.”
Quello che possiamo dire è che il periodo di incubazione osservato in questa comunità (media di 6,9 giorni) è in linea con quanto riscontrato in modelli lombardi e in altre aree d’Italia, così come le stime sulla rapidità di evoluzione di R0, confermando un tempo di raddoppiamento di 3-4- giorni, sia fra i sintomatici che fra gli asintomatici.
“La nostra analisi suggerisce che almeno il 4,4% dei cittadini di Vo’ sia stato esposto al virus e che le misure che abbiamo introdotto hanno mostrato un’efficacia mai registrata in altre zone d’Italia, mostrando che l’infezione può essere fermata. Come? Potenziando le misure di individuazione precoce dei casi dove ancora sembra non esserci nessun contagio”.