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cronaca

Coronavirus, cronaca critica della diffusione (dei dati). Terza puntata

Da una parte la Protezione civile, che compie un’importante operazione di trasparenza pubblicando i dati relativi ai contratti di acquisto dei dispositivi di protezione individuale. Dall’altra Regione Lombardia, che chiude l’accesso ai dati relativi alle persone positive ai tamponi. Infodata torna a raccontare la pandemia dal punto di vista degli open data.

Intanto la Protezione civile, che ha deciso di chiudere con il rito laico quotidiano della conferenza stampa, trasformandolo in un appuntamento bisettimanale. Questo non significa che i dati non siano più comunicati: il bollettino viene diffuso quotidianamente e, soprattutto, viene aggiornato il repository GitHub all’interno del quale sono presenti tutti i dati diffusi dalla Prociv.

 Ed è proprio qui che si registrano le principali novità. Intanto, dal 19 aprile, oltre al numero di tamponi effettuati viene indicato anche il numero di casi testati. Una distinzione importante, perché ad una persona risultata positiva al nuovo coronavirus vengono somministrati più tamponi: sapere quante sono invece effettivamente le persone sottoposte a tampone permette di stimare in maniera più precisa le dimensioni della pandemia. E di comprendere meglio quali siano state le diverse strategie di tamponatura messe in atto dalle regioni e dalle province autonome.

 Non solo. In uno sforzo di trasparenza che ci si augura possa diventare prassi comune nella pubblica amministrazione italiana, la Protezione civile ha rilasciato i dati relativi a tutti i contratti di acquisto dei dispositivi di protezione individuale effettuati dall’inizio dell’emergenza. Informazioni che, ad esempio, hanno permesso a Infodata di visualizzare i costi di acquisto per le mascherine chirurgiche. Sì, quelle che il premier Giuseppe Conte ha promesso saranno vendute ad un prezzo calmierato di 50 centesimi l’una.

Come si può vedere, ci sono mascherine che la stessa Protezione civile, che pure le ha comprate direttamente dai produttori e in grandi quantità, ha pagato più di 50 centesimi. Circostanza che aiuta a capire le ragioni delle proteste dei produttori, ma anche dei farmacisti.

Eppure i dati sono a disposizione di chiunque, sul repository GitHub della Protezione civile. Trasparenza che, almeno sul tema Covid-19, non è invece di casa in Lombardia. Qui, infatti, la Regione pubblicava su ArcGis, un software per la realizzazione di mappe, i dati relativi ai tamponi. Il fatto è che bastava interrogare la mappa, in gergo effettuare delle query, per estrarre le informazioni. È quello che faceva, ad esempio, il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti, che li ha forniti al Sole24Ore. O che ha fatto anche OnData, associazione che si occupa di promuovere la cultura dei dati aperti, che li ha scaricati per settimane.

Nello specifico, era possibile estrarre i microdati. Ovvero informazioni che permettevano di conoscere l’età, il genere ed il comune di residenza di ogni persona risultata positiva al Covid-19. Dati che occorre maneggiare con cautela, visto che possono permette di identificare i contagiati, ad esempio nei piccoli comuni. Per questo Infodata li ha pubblicati solo in forma aggregata, definendo i contagi per classe di età e genere.

Quei dati, però, sono molto importanti. Utilizzandoli Infodata è riuscita ad identificare una trentina di comuni che stanno avendo problemi di focolai all’interno delle case di riposo. Un tema sul quale sta indagando anche la magistratura. Eppure, dopo la pubblicazione di questi dati, la Regione Lombardia ha chiuso l’accesso. E non ha risposto alle diverse richieste di accesso agli atti presentate da Infodata per ottenerli. Richieste che Infodata continuerà a ribadire, nella convinzione che il modello da seguire sia quello messo in campo dalla Protezione civile. Ma anche dal Pirellone, con il portale dati.lombardia.it, almeno fino allo scoppio della pandemia.