Finalmente arriva il decreto Rilancio. Un capitolo importante è quello per potenziare il sistema sanitario nazionale messo a dura prova dal virus. In sostanza arrivano 1,25 miliardi che si tradurranno in 20mila assunzioni tra infermieri, medici e tecnici. Saranno stabilizzati anche 3500 posti letto in terapia intensiva e 4225 in sub intensiva destinati al Covid a cui si aggiungeranno 300 letti. Ma quanti sono e quanto guadagnano in questore settore. Facciamo un check-up
Un dipendente della pubblica amministrazione su dieci lavora in sanità, un totale di 650 mila dipendenti a tempo indeterminato registrati al 31 dicembre 2018, un numero in costante calo dal 2009 a oggi. In dieci anni diverse regioni (Lazio, Campania, Molise, Abruzzo, Sicilia, Puglia, Piemonte e Calabria ) hanno dovuto attuare dei Piani di rientro della spesa sanitaria, che sono andati a incidere sulla spesa per il personale nel settore pubblico. (I dati si trovano nel rapporto n.6 del MEF “Monitoraggio della spesa sanitaria, luglio 2019”)
Perso il 6,4% dei dipendenti in sanità
Abbiamo oggi 44mila sanitari in meno assunti a tempo indeterminato (-6,4% rispetto al 2009), una riduzione – precisa Istat – solo parzialmente compensata dall’innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione. In sostanza: meno persone, più anziane e più ricorso al lavoro flessibile. “Flessibile” è una parola ambigua, perché suggerisce un certo grado di libertà del lavoratore, mentre qui si tratta di posti a tempo determinato e in somministrazione, cioè di precarietà. Nel 2018, gli occupati con forme di lavoro flessibile sono circa 42 mila, contro i 38 mila del 2009 e i 31 mila del 2013. Tuttavia, il lavoro flessibile è riuscito a compensare solo un quarto delle cessazioni. I dati derivano dal Conto Annuale MEF-RGS e dall’Archivio Conto Annuale Ministero dell’economia e delle finanze – Ragioneria generale dello stato.
Tra il personale non dirigente assunto a tempo indeterminato, cioè fra gli amministrativi, i sanitari, gli operatori professionali e i tecnici, abbiamo perso in dieci anni 34.600 unità (-6,3%) che ha portato il numero di dipendenti a tempo indeterminato a circa 518 mila dai 553 mila del 2009. Anche qui, i contratti di lavoro flessibile, cresciuti del 5,3%, in un caso su cinque con prestazioni in somministrazione, ha solo minimamente compensato la riduzione del personale.
I dirigenti sanitari guadagnano meno dei colleghi di altri settori
Un dirigente in sanità però guadagna molto meno rispetto a un pari che lavora in altri enti pubblici. Nel 2018 – dati Istat – la retribuzione lorda pro capite nel settore sanitario ammonta a quasi 83 mila euro l’anno per i dirigenti medici, a 73 mila euro per i dirigenti non medici e a 31 mila euro per il personale non dirigente. Allo stesso livello, le retribuzioni salgono a 158 mila euro negli enti pubblici non economici, a 150 mila euro lordi annui per chi lavora alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a 137 mila euro lordi per i dirigenti delle Agenzie fiscali e della Magistratura (137 mila euro), e a 116 mila euro per chi dirige un ente di ricerca.
Le buste paga dei dirigenti medici sono invece in linea con quelle dei dirigenti dei Corpi di Polizia e delle Forze Armate, per i dirigenti scolastici e i dirigenti delle professionalità sanitarie dei ministeri. Il personale strettamente sanitario percepisce, in media, oltre 33 mila euro, circa 10 mila euro in più di quello amministrativo, tecnico, ausiliario della scuola, che si ferma a 23 mila euro lordi. Questi professionisti guadagnano però circa 23 mila euro in meno l’anno del personale non dirigente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha uno stipendio lordi di 56 mila euro.
Per farsi un’idea del peso di ogni comparto, consideriamo che (dati MEF – Conto Annuale) il personale sanitario rappresenta il 21% del personale stabile dipendente dalle pubbliche amministrazioni. Un altro 32% è costituito dal settore istruzione e ricerca, il 18% da chi ricopre funzioni locali, il 9% funzioni centrali, il 17% da personale in regime di diritto pubblico nelle PA.
6 dipendenti su 10 hanno più di 55 anni
Ne risulta, chiaramente, un innalzamento dell’età media dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, che nel 2018 ha superato i 50 anni (50,7 anni). La fascia di età con più dipendenti è quella 55-59 anni per gli uomini e 50-54 per le donne e l’età media degli uomini è più alta di quella delle donne: 52,3 anni contro 49,9.
Sei dirigenti medici su dieci (63,9%) hanno più di 55 anni e quattro su dieci oltre 60 anni. Fra i maschi. Fra le donne solo il 36% ha più di 55 anni e circa la metà ha un’età compresa tra 40 e 55 anni, ma esse sono numericamente di meno rispetto ai dirigenti maschi. Il 57,6% del totale dei dipendenti nella sanità è ultracinquantenne.