Si era detto che con il lockdown e lo smartworking l’Italia sarebbe diventata più digitale. E magari sarà davvero così, anche se le speranze sono poche. Certo però che il divario da colmare con gli altri Paesi è davvero alto. Un esempio? Se frequenti social network magari anche in lingua inglese le probabilità di incrociare un italiano sono le più basse d’Europa. Siamo refrattari, come i francesi. Solo il 42% della popolazione da noi è attiva sui social. Vuole dire che meno della metà della popolazione utilizza internet e i suoi canali di interazione e comunicazione per rimanere collegati con il resto del mondo.
Eurostat ha calcolato che l’anno scorso nell’Unione europea il 54% delle persone di età compresa tra 16-74 hanno partecipato nei social network negli ultimi 3 mesi precedenti l’indagine. Un europeo su due. Rispetto al 2011 il salto è stato notevole. (36% nel 2011).
Ma cosa si intende per partecipazione ai social network? Un po’ tutto, dalla creazione di un profilo utente, la pubblicazione di messaggi o altri contributi ai social network.
Tra gli Stati membri dell’Ue, il tasso di partecipazione dei social network era più alto in Danimarca (81%), davanti a Belgio (76%), Cipro e Svezia (entrambi 72%) e Malta (71%). All’estremità opposta della scala, questa percentuale era inferiore al 50% in due Stati membri. Quali? Noi e la Francia.
Non è solo colpa del profilo demografico.
In Italia ci sono 25,3 milioni di persone che ricorrono ai social. Sono soprattutto i più giovani a fare un uso anche eccessivo delle nuove tecnologie, ma in Italia i giovani (la fascia tra i 15 e 24 anni) conta per il 9,8% della popolazione complessiva. Dei poco meno sei milioni di giovani, 4,3 milioni sono attivi su internet. Mentre le persone anziane, solitamente poco reattive alla tecnologia, continuano ad avere poco familiarità con ciò che offre la rete. Così tra gli over 65 d’Italia (13,8 milioni) appena il 14% (1,9 milioni) dispone di account e interagisce con gli altri. Un pensiero automatico ci condurrebbe a concludere che è tutta colpa degli anziani poco tecnologi. In realtà non è così. Tra i giovani europei dai 16 ai 24 anni, circa 9 su 10 hanno partecipato ai social network (86%). In Italia siamo intorno al 73%, il dato più basso d’Europa.
E’ possibile che l’istituto di statistica europea non conteggi o sottostimi il peso di strumenti molto popolari come Whatsapp e nuovi social come Tik Tok. Oppure che in Italia stiamo sottostimando gli analfabeti funzionali, quelli che sanno leggere e scrivere ma faticano a comprendere un testo o interpretare un grafico.
!function(e,i,n,s){var t=”InfogramEmbeds”,d=e.getElementsByTagName(“script”)[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement(“script”);o.async=1,o.id=n,o.src=”https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js”,d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,”infogram-async”);
E’ vero che con l’avvento dei social network, la percentuale di persone che leggono contenuti e che li condividono o li commentano è aumentata incredibilmente. Purtroppo però questa partecipazione non è andata di pari passo con un miglioramento delle capacità di comprensione del testo, nel senso di interpretarlo, di saper leggere fra le righe elaborando delle conclusioni proprie. Lo mostrano chiaramente i risultati dei test Pisa di OCSE, che misurano la competenza di lettura al fine di raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e svolgere un ruolo attivo nella società. Qui l’articolo completo, per avere una idea di quello nostro rapporto disfunzionale con il digitale (e non solo).