Il divario di fertilità (fertility gap) è la differenza tra il numero di bambini che le donne vorrebbero avere (intenzioni di fertilità) e il tasso (finale) di fertilità. Uno studio delle demografe Eva Beaujouan e Caroline Berghammer ha confrontato la differenza fra i figli desiderati (le intenzioni di fertilità) e quelli effettivamente avuti in venti nazioni, fra cui diverse europee e gli Stati Uniti, trovando che le italiane sono fra coloro che vivono una distanza maggiore fra teoria e pratica: in effetti soltanto in Grecia e Spagna il problema è risultato più grave.
In tutti i Paesi analizzati le donne hanno avuto in media meno figli di quanti ne desideravano qualche anno prima, e in effetti questo vale anche per coloro che non ne hanno avuti del tutto – che è successo più spesso di quanto voluto. Eppure, come ricordano le autrici, al di là di questo risultato generale emergono evidenti differenze locali. La differenza fra desiderio e realtà appare infatti ben ampia nell’Europa meridionale, relativamente piccola nella parte centrale e orientale del continente.
Nelle nazioni sviluppate se le coppie hanno in media meno di 2,1 figli la popolazione tenderà a diminuire. Il numero non è esattamente due, come l’intuizione suggerirebbe, perché per quanto fortunatamente raro esiste comunque ancora un numero di casi di mortalità infantile. Caso vuole, d’altra parte, che il numero medio di figli desiderati dalle donne di 27 nazioni europee sia molto vicino a quel valore.
Eppure secondo alcune previsioni demografiche come quelle delle Nazioni Unite in futuro i cittadini europei saranno sempre meno, in calo a circa 630 milioni di persone intorno al 2100 rispetto ai 750 milioni totali del 2016. In questo si prevede che l’Italia sarà fra le nazioni a spopolamento più rapido. Per esempio secondo lo scenario ritenuto più plausibile dall’Istat nel 2065 ci saranno in tutto poco meno di 54 milioni di italiani e italiane, contro i circa 60,5 di oggi. Secondo le migliori stime disponibili in Italia la caduta della popolazione sarà maggiore che in tanti altri Paesi, e questo si deve a una combinazione di fattori. Fra questi troviamo la bassa immigrazione di altre persone dall’estero – che di solito tendono a fare più figli dei “nativi” –, l’emigrazione degli italiani stessi verso altri luoghi, il tasso di mortalità della popolazione e naturalmente quello di natalità.
Proprio quest’ultimo rappresenta uno dei problemi cruciali, perché come mostra lo studio in teoria le donne italiane dichiarano di volere un numero di figli tutto sommato nella media (e solo un filo meno rispetto ai 2,1 necessari perché la popolazione non diminuisca al netto degli altri fattori). In realtà invece il numero di figli delle 40enni di oggi è stato poi ben minore, circa intorno a 1,4: il che vuol dire che l’Italia è fra le nazioni che rende più difficile trasformare in realtà il desiderio di fertilità
“L’articolo”, commenta Marco Albertini, professore di sociologia all’università di Bologna, “mette l’accento sulla differenza (chiamata fertility gap) tra il numero di figli desiderati, come dichiarata tra i 20 e i 24 anni dalle donne appartenenti per lo più alle nate nel 1970-75, e la fecondità realizzata da queste donne nel momento in cui hanno 40 anni. Le autrici mostrano che in tutti i Paesi considerati le donne hanno avuto a 40 anni un numero di figli inferiore di quello che avevano indicato all’età di 20-24 anni (e anche di quello dichiarato a 20-29 anni). Questa differenza però ha dimensioni diverse nei diversi Paesi ed è decisamente più elevata nel sud Europa rispetto agli altri Paesi considerati. Solo Spagna e Grecia hanno un fertility gap più elevato che quello dell’Italia. La Francia ha invece il fertility gap più basso tra i paesi considerati. Ricordare questo dato, consolidato da numerosi studi, è utile per far capire che una buona parte del “problema” di bassa fecondità che esiste nel sud Europa non deriva dal minor desiderio di figli delle coorti più giovani quanto dalla differenza tra quello che i giovani vorrebbero e quello che riescono a fare, in termini di fecondità. Solo in Italia per esempio il numero di figli desiderati sarebbe superiore a due per donna. Insomma, per dirla un po’ grezzamente, l’idea che non ci sono più i giovani di una volta che fanno sacrifici non funziona. Sicché più che politiche che stimolino il desiderio di figli, pare che siano necessarie politiche che consentano ai giovani adulti italiani di avere il numero di figli che desidererebbero avere. Un numero di figli molto basso è poi dovuto anche alla sindrome da posticipo: ovvero, in attesa di un lavoro stabile e decente, si attende molto prima di iniziare a provare a fare figli e spesso l’età elevata gioca contro la possibilità di avere il numero di figli che si vorrebbero. Quindi non solo politiche che consentano di avere il numero di figli che si vorrebbero ma anche che consentano di abbassare l’età media a cui si esce di casa e si iniziano ad avere figli, oggi entrambe molto elevate”.