Più o meno significativo a seconda di chi lo misuri, sostanzialmente in linea con l’incremento ottenuto quattro anni fa da Hillary Clinton: la nomination fa crescere le possibilità di vittoria finale di Joe Biden. Ma, appunto, l’incremento è in linea con quello di quattro anni fa. E tutti ricordano come andò a finire.
Infodata ha deciso di raccontare le elezioni americane utilizzando i dati. Meglio, le previsioni sulla vittoria finale elaborate a partire dai sondaggi realizzati da tre diverse realtà. Il tutto con tre grafici ed una mappa interattiva che accompagneranno i lettori, se lo vorranno, da qui al 3 novembre, quando alle previsioni si sostituiranno le certezze uscite dalle urne.
Il primo modello preso in considerazione è quello di Nate Silver, vero e proprio guru delle previsioni elettorali. Pubblicato su FiveThirtyEight, utilizza i dati dei sondaggi sia nazionali che locali insieme ad alcuni indicatori di natura economica e simula 40mila possibili risultati. Questa la sua previsione:
Come si vede, negli ultimi giorni c’è stato un leggero incremento nelle chance di vittoria del candidato democratico, probabilmente spinta dalla convention conclusasi il 20 agosto. Tra una settimana – sì, questo con le previsioni data driven sul voto Usa vuole diventare un appuntamento fisso del lunedì – sarà possibile verificare gli effetti della convention repubblicana, che si apre oggi per concludersi giovedì.
Stando al modello di Silver, ad oggi Biden ha il 72,96% di probabilità di vittoria finale. Beninteso, non si tratta dei sondaggi, che pure al momento lo danno al 53% con 7 punti di vantaggio sul presidente uscente Donald Trump. Ma delle possibilità che il candidato democratico vinca, calcolate a partire dai sondaggi e da alcuni indicatori economici.
Quattro anni fa, di questi tempi, il modello di Silver dava alla Clinton l’83% di possibilità di vittoria. Motivo per cui lo stesso analista, aggiungendo anche il fatto che le elezioni sono lontane e da qui a novembre può succedere di tutto in campo economico (oltre che nella gestione della pandemia, verrebbe da aggiungere), spiega che è decisamente troppo presto per dichiarare sconfitto il tycoon newyorchese.
Il secondo modello preso in considerazione da Infodata è invece quello elaborato dall’Economist. Una testata che si cimenta per la prima volta in un modello predittivo dei risultati elettorali, elaborato da Andrew Gelman e Merlin Heidemanns, docenti alla facoltà di scienze politiche della Columbia University. Anche in questo caso, si parte dai sondaggi, integrando i risultati con alcuni fattori strutturali che possono influenzare il voto. Come ad esempio il fatto che nelle prime fasi della campagna elettorale l’attenzione delle persone sul tema è più bassa che nelle settimane precedenti al voto. Ad ogni modo, il risultato è questo:
In questo caso la previsione è ancora più favorevole nei confronti di Biden, accreditato di un 89,2% di probabilità di vittoria finale, e la spinta garantita dalla convention democratica più netta.
L’ultimo dei tre modelli presi in considerazione da Infodata è stato sviluppato da Jack Kersting, studente 19enne dell’Università dell’Alabama, che ha elaborato il suo JHK Forecast, dalle iniziali del suo nome. Due anni fa questo giovane analista fece le sue prime previsioni rispetto alle elezioni di midterm, sbagliando, così dice, solo in Florida e in Indiana.
Anche in questo caso, la base di partenza sono i sondaggi. Numeri che sono integrati con la tendenza storica di uno stato a votare democratico o repubblicano, con indicatori di natura economica. Dopodiché i risultati del voto sono simulati 20mila volte.
I risultati sono una via di mezzo tra quelli di Silver e quelli dell’Economist. Anche in questo caso Biden viene indicato come il possibile vincitore con l’82,31% di probabilità di essere eletto presidente. Ma è meno marcato, rispetto agli altri, l’effetto della convention democratica. Altra particolarità, il filtro nella parte bassa permette di selezionare uno dei 50 Stati dell’Unione per capire chi vincerà.
Sì, perché per come funziona il meccanismo elettorale americano e per come ha sperimentato suo malgrado Clinton nel 2016, prendere più voti non è sufficiente per vincere. Anzi, come ha mostrato Trump, non è nemmeno necessario. Basta vincere in un numero di Stati tale da garantire quei 270 grandi elettori che possano portare alla Casa Bianca.
Utilizzando i dati di FiveThirtyEight, il cui modello è il più cauto nel dare la vittoria ai democratici, Infodata ha costruito una mappa che consente di comprendere meglio la situazione sotto questo profilo.
La barra in alto mostra la corsa verso i 270 grandi elettori, colorando di blu gli Stati in cui è favorito Biden e in rosso quelli nei quali è in vantaggio Trump. Come si vede, a quest’ultimo basterebbe ribaltare i sondaggi in Florida, North Carolina e Arizona per rimettere in discussione l’esito delle elezioni. Impresa tutt’altro che impossibile, se si pensa che in questi tre Stati il vantaggio democratico nei sondaggi è rispettivamente di 3, 1 e 2 punti percentuali. Allo stesso modo, ai dem basterebbe recuperare quel punto di svantaggio in Ohio per ipotecare la vittoria finale.
La mappa, ideata dallo stesso Nate Silver, mostra gli Stati Americani dimensionandoli rispetto al numero dei loro grandi elettori. In questo modo è possibile capire quanto pesi in termini numerici la vittoria in ciascuno Stato per raggiungere il traguardo dei 270 grandi elettori necessari per essere eletti presidente. Una corsa il cui esito è oggi tutt’altro che scontata.