Il Democracy Index ogni anno misura lo stato della democrazia in 167 Paesi. E’ calcolato dal settimanale The Economist. Più nello specifico se ne occupa Intelligence Unit una divisione dell’Economist che si concentra su analisi sul mondo degli affari e dei governi. Quest’anno 22 Paesi nel mondo sono stati classificati come “democrazie complete”. In classifica troviamo Norvegia (9.87), Islanda (9.58) e Svezia (9.39), mentre i valori più bassi sono quelli di Corea del Nord (1.03), Repubblica Democratica del Congo (1.13) e Repubblica Centrafricana (1.32). Quindi per fare una sintesi abbiamo in alto tutti i Paesi scandinavi, diverse nazioni dell’Europa occidentale, Canada, Nuova Zelanda, Australia, Mauritus, Costa Rica e Cile che si sono uniti ai vertici gruppo nel 2019 insieme a Francia e Portogallo. Bassi punteggi anche per India e Cina. L’India, una democrazia imperfetta, è stata valutata solo a 6,9 punti mentre la Cina – un regime autoritario – ha raggiunto solo un punteggio di 2,3 punti. Il paese ha perso posizioni come nessuno nella classifica del 2019.Ma lasciamo per ora perdere le classifiche. Se guardiamo al numero della popolazione mondiale, appena il 5,7 per cento vive in questi 22 Paesi. Il 35,6% invece appartiene a Stati considerati autoritari tra cui per fare un esempio Cina, Russia, Iran e Libia. L’altra brutta notizia è che il valore medio dell’indice tra tutti i 167 Stati è la più bassa dal 2006, anno in cui la Intelligence Unit ha cominciato a raccogliere i dati. Su Infodata siamo “sinceri democratici”. A più riprese abbiamo segnalto che qualcosa non funziona non tanto nelle democrazie più mature, quanto nella percezione che i cittadini hanno dei meccanismi di selezione della classe politica e nelle regole del governo.
Una nazione su due è insoddisfatta della democrazia, abbiamo scritto alcuni mesi fa. Qui invece abbiamo discusso il rapporto tra fake news e democrazia. E qui ancora ci siamo occupati dell’Authoritarian Populism Index. Prafrando Winston Churchill “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”? Proprio perché consideriamo il sistema democratico un sistema imperfetto ma è il migliore che abbiamo proviamo a capire come possono essere misurate le democrazie. Partiamo in questa puntata proprio dell’indice dell’Economist.
Come funziona. Il democracy index, spiega bene Wikipedia, è una media ponderata basata sulle risposte a 60 domande, ognuna delle quali ha due o tre alternative risposte permesse. Molte delle risposte sono “valutate da esperti”; il report non indica il tipo di esperti, né il loro numero, né se gli esperti sono impiegati dal The Economist o ad esempio studiosi indipendenti, né la nazionalità degli esperti. Alcune risposte sono fornite dall’esame dell’opinione pubblica emergente da sondaggi nei rispettivi paesi. “Nel caso di paesi per i quali manchi un sondaggio, questo viene ricavato da paesi simili e la valutazione degli esperti viene usata per chiarire i punti oscuri.
Per ciascuno dei 60 quesiti, gli esperti assegnano una valutazione di 1 (corrispondente alla risposta “sì”) o 0 (“no”), oppure, in alcuni casi è ammesso anche lo 0,5 (per risposte non nette). Oltre alla valutazione degli esperti, si tengono in considerazione sondaggi nazionali o regionali certificati e parametri come la partecipazione elettorale. Ogni macro categoria, alla fine, riceve un punteggio da zero a dieci e in base alla media dei voti ottenuta si stila la classifica. I risultati dell’indice vengono poi utilizzati per posizionare i Paesi in uno dei 4 tipi di regime democratico: “democrazia piena” (punteggio superiore a 8), “democrazia imperfetta” (tra 6 e 8), “regime ibrido” (tra 4 e 6) e “regime autoritario” (4 punti o inferiore).
Dagli indici delle cinque categorie, tutti mostrati nel report, viene poi calcolata la media che fornisce il democracy index della nazione. Infine questo decide la classificazione della nazione in questo modo:
- Democrazie complete (punteggio di 8-10): sono nazioni dove le libertà civili e politiche di base non solo sono rispettate, ma anche rinforzate da una cultura politica che contribuisce alla prosperità dei principi democratici. Queste nazioni hanno un valido sistema di pesi e contrappesi di governo, una magistratura indipendente le cui decisioni vengono imposte, governi che funzionano in maniera adeguata e media che sono diversificati e indipendenti. Queste nazioni hanno problemi limitati nell’ingranaggio democratico;
- Democrazie imperfette (punteggio da 6 a 7.99): sono nazioni dove le elezioni sono libere e le libertà civili di base sono rispettate, ma possono avere dei problemi (ad esempio violazione della libertà d’informazione). Nondimeno, queste nazioni hanno delle significative falle in altri aspetti democratici, inclusi una cultura politica sottosviluppata, bassi livelli di partecipazione nella vita politica, e problemi nel funzionamento del governo.
- Regimi ibridi (punteggio da 4 a 5.99): sono nazioni dove avvengono puntualmente significative irregolarità nelle elezioni che non sono quindi libere. Queste nazioni comunemente hanno governi che mettono pressione all’opposizione, una magistratura non indipendente e una corruzione estesa, pressione sui media, debole principio di legalità e falle più pronunciate delle democrazie imperfette nel campo della cultura politica sottosviluppata, bassi livelli di partecipazione politica e problemi nel funzionamento del governo.
- Regimi autoritari (punteggio inferiore a 4): sono nazioni dove il pluralismo politico è assente o è estremamente limitato. Queste nazioni sono spesso dittature assolute, possono avere qualche istituzione convenzionale propria di una democrazia ma di scarsa rilevanza; le violazioni e gli abusi sulle libertà civili sono all’ordine del giorno, le elezioni (se ci sono) non sono assolutamente libere, i media sono spesso controllati dallo Stato o da gruppi associati al regime, la magistratura non è indipendente, la censura è onnipresente e sopprime ogni critica che interessi il governo.