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politica

Democrazia, rappresentatività e partiti politici. L’Italia e il resto del mondo

Seicentotrenta deputati, 315 senatori, un totale di 945 parlamentari eletti. Troppi per chi reputa esagerati i costi della politica. I critici della proposta, al contrario, lamentano una riduzione della rappresentanza democratica, che deriverebbe dal taglio dei parlamentari. Le eventuali modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione porterebbe il numero di parlamentari a 400 deputati e 200 senatori.

Il referendum costituzionale del 20 e 21 settembre ci chiama a raccolta, per esprimerci e schierarci con un SI oppure un NO. Come decidere? Non leggerete consigli andando avanti nella lettura.

Quello che vi proponiamo sono gli amati numeri che siete soliti trovare su InfoData. Per comprendere come si posiziona l’Italia rispetto al resto del mondo in termini di rappresentanza democratica.

Possiamo darne subito uno. L’Italia è la terza nazione al mondo per numero di parlamentari. Dopo la Cina, con i suoi 2980 membri dell’Assemblea Nazionale del Popolo, e il Regno Unito con 1432, di cui 650 deputati direttamente eletti nella Camera dei Comuni. Il numero di parlamentari in Italia è quindi realmente eccessivo? Come in tutte le analisi non basta un solo dato a raccontare un fenomeno. Per rispondere alla domanda è necessario ampliare la ricerca. Concentriamoci dunque su altri due indicatori: la popolazione e il rapporto tra questa e il numero di parlamentari.

Per fotografare meglio la situazione del Parlamento italiano rispetto al resto del mondo possiamo servirci di una grafica interattiva. All’interno della fascia rossa e possibile scegliere uno dei tre indicatori: rapporto tra popolazione e numero di parlamentari, numero di parlamentari e, da ultimo, popolazione. La grafica mostra una classifica in base all’indicatore selezionato. Il cerchio più grande rappresenta il massimo mondiale per l’indicatore. Il pallino all’interno il valore del singolo stato. In rosso è evidenziato il valore dell’Italia, ma è possibile osservare altri stati grazie al menù a tendina. Per rendere l’analisi ancora più interessante sono stati aggiunti i pulsanti YES e NO. Come cambierebbero le classifiche se in Italia il numero dei parlamentari fosse ridotto? È possibile scoprirlo cliccando sul pulsante YES e tornare alla situazione attuale cliccando NO.

Ricominciamo da dove avevamo iniziato. Terza per numero di parlamentari, l’Italia passerebbe diciottesima se dovesse vincere il SI, dietro nazioni europee come Francia, Germania e Spagna. Eppure, come anticipato, se parliamo di rappresentanza democratica il numero di parlamentari non è l’indicatore più significativo da monitorare. Concentriamoci piuttosto sul rapporto tra popolazione e numero di parlamentari. Partendo dal nostro numeratore. L’Italia, con oltre 59 milioni di abitanti, si posiziona 23esima al mondo per popolazione, terza in UE.

Attualmente il nostro paese è in 74esima posizione se calcoliamo il rapporto tra popolazione e numero di parlamentari. Con quasi 60 milioni di abitanti, gli attuali parlamentari rappresentano ognuno 62815 cittadini italiani. Pensiamo agli stati europei più vicini a noi. In Francia ogni parlamentare rappresenta oltre 70mila francesi, in Germania viene invece eletto un parlamentare ogni 105545 abitanti. Due delle cinque nazioni europee con un rapporto superiore al nostro (quindi una minore rappresentanza democratica), insieme a Paesi Bassi, Spagna e Polonia. Sono invece diversi i paesi davanti al nostro per rappresentanza. Belgio, Regno Unito, Portogallo, Austria, Grecia, giusto per fare alcuni esempi. Malta guida la classifica, grazie all’elezione di un parlamentare ogni 6mila abitanti.

Come cambierebbe questa classifica in caso di vittoria del SI? l’Italia passerebbe al 107esimo posto nel mondo, con un rappresentante ogni 99mila abitanti circa. Il che significherebbe il penultimo posto in Unione Europea. Solo la Germania avrebbe un rapporto popolazione/parlamentari superiore al nostro.

Tornando alla nostra domanda, non è semplice né oggettivo definire una soglia che indichi il numero perfetto di parlamentari. Quello che però ci raccontano i numeri è che il nostro paese non è certamente un’anomalia rispetto al resto del mondo e del continente.

Ultimi commenti
  • roby |

    so che le vostre analisi cercano di usare i numeri per ragionare in modo oggettivo. ma questo referendum non può essere letto (come tante operazioni politiche) se non nel complesso del disegno delle riforme.
    c’è un chiaro intento dei partiti principali di restringere il numero di parlamentari in modo da non dovere più rincorrere o essere oggetto di “ricatto numerico” dei piccoli partiti.
    il taglio dei parlamentari va letto insieme alla riforma elettorale, il cui testo è stato adottato in forma base al parlamento (cosiddetto Brescellum).
    Il Brescellum stabilisce una soglia di sbarramento per l’ingresso in Parlamento al 5%.
    Dunque, un minor numero di parlamentari + pochi partiti in parlamento significa avere una rappresentanza meno differenziata.
    A ciò leggete insieme che le liste sono ancora bloccate, cioè che i candidati deputati li scelgono i partiti e non provengono dal basso.
    E’ evidente il tentativo di creare una piccola “oligrachia”, in cui le teste da mettere d’accordo sono sempre meno.

    In tempi in cui la politica internazionale richiede agli Stati decisioni rapide ed efficaci, questo potrebbe persino essere un bene. Però l’effetto di minore rappresentanza e dibattito è innegabile.
    Le menti più illuminate a favore del sì (ho sentito l’opinione di Onida, ad es.) dicono che questo è comunque un passo in cui percorso di riforme. Può essere vero. Il punto è che il taglio dei parlamentari per ridurre i costi è una bufala (leggere Dataroom della Gabanelli su questo).
    Gli oppositori della riforma sostengono che ciò che serve è in realtà una revisione più ampia e organica dei processi parlamentari.
    Ma ciò che almeno personalmente mi preme di più è lo sblocco delle liste. Senza quello, un parlamento ridotto assomighlierebbe sempre più solo ai capi partito.

    Mi viene quindi da chiedere? Si tratta di una riforma del modo di funzionare delel istituzioni italiane? O una riforma dell’organismo/organizzazione politica italiana per stare al passo coi tempi?

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