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politica

Gli effetti della politica estera di Trump sulle elezioni Usa

Sono stati definiti Accordi di Abramo. Un lirismo difficilmente contestabile, dato che hanno sancito la pace tra Israele, gli Emirati Arabi Uniti ed il Bahrein. O meglio, dato che questi tre Paesi non erano tecnicamente in guerra tra di loro, hanno definito la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra queste nazioni. Un’intesa favorita dall’amministrazione Trump, per la quale questo è un incontestabile successo in politica estera.

Eppure due dei tre modelli utilizzati da Infodata per raccontare con i dati le elezioni americane segnalano un aumento delle probabilità che il 3 novembre a festeggiare sia il candidato democratico Joe Biden. Si prenda ad esempio il modello di Nate Silver per FiveThirtyEight.com, finora il più cauto nell’indicare la vittoria dell’ex numero due di Barack Obama:

È dalla fine di agosto che questo modello vede ridursi le probabilità di una rielezione di Donald Trump, che ora sono al 22,58%. Sia chiaro, significa che il presidente in carica ha una possibilità su quattro di essere rieletto. Quelle di vincere la Mega Millions lottery, una specie di Superenalotto a stelle e strisce, sono una su 176 milioni. Insomma, la partita è tutt’altro che chiusa.

Tanto più che sono molti i fattori che potrebbero influenzare l’esito finale. Intanto, la scorsa settimana ha visto la decisione di Trump di imporre lo stop al download di TikTok e WeChat, app made in China da tempo nel mirino del presidente. Ma soprattutto la morte di Ruth Baden Ginsburg, giudice della Corte suprema americana nominata nel 1993 da Bill Clinton. La sua sostituzione potrebbe avere un impatto, ancora tutto da misurare, sulle presidenziali.

Da un lato infatti i repubblicani spingono perché Trump nomini subito un successore. Gli stessi repubblicani che quattro anni fa contestavano l’opportunità per un Obama a fine mandato di nominare il successore del giudice Antonin Scalia, che pure si era spento nove mesi prima delle presidenziali, non sei settimane. Una nomina immediata potrebbe infastidire un elettorato più moderato e anche causare qualche difficoltà interna al Partito repubblicano, proprio perché arrivata in piena campagna elettorale. Tanto che già due senatrici repubblicane, Susan Collins del Maine e Lisa Murkowski dell’Alaska si sono dette contrarie ad una nomina immediata.

È pur vero, però, che un rinvio potrebbe compattare l’elettorato conservatore: fosse Trump a nominare il nuovo giudice, adesso o in caso di rielezione, dei nove giudici della Corte suprema sei sarebbero di stampo conservatore. E siccome questo organismo si esprime su temi come l’aborto e i suoi componenti restano in carica a vita, gli effetti si farebbero sentire ben oltre un eventuale secondo mandato di Trump.

Come detto, però, i possibili effetti della morte del giudice Ginsburg sulle elezioni sono ancora tutti da valutare. A cominciare dal fatto che è più facile che un elettore voti pensando al portafoglio che alla Corte suprema. Intanto, l’Economist continua a dare vincente Biden:

Anche in questo caso, le probabilità di una vittoria democratica sono in crescita da più di due settimane. Non è tutto. Secondo la prestigiosa testata, che si è affidata per il suo modello a due docenti della Columbia University di New York, per Biden non sarebbe nemmeno necessario vincere in Florida. Al momento, infatti, questo modello afferma che ci siano ancora 159 grandi elettori contendibili. E al candidato democratico basterebbe in Nevada e Pennsylvania, dove ha oltre l’80% di chance di successo, per diventare presidente.

L’unico modello che vede in crescita le quotazioni di Trump è quello di Jack Kersting, giovane studente dell’Università dell’Alabama. Il suo JHK Forecast vede risalire le possibilità di riconferma del presidente uscente da ben prima della convention repubblicana.

Secondo questo modello, le probabilità che Trump venga rieletto sono del 21,85%. Utilizzando il filtro che consente di valutare la situazione nei singoli Stati, vediamo che le probabilità che il presidente uscente vinca in Florida, da molti individuato come lo Stato che deciderà l’esito del voto, sono in costante crescita dalla fine di luglio: due mesi fa erano sotto il 20%, ora hanno superato il 36%. Non é un caso, insomma, se Michael Bloomberg ha deciso di donare 100 milioni di dollari per l’acquisto di spot pubblicitari a favore di Biden a Miami e dintorni.

Questa, infine, è la mappa che mostra la situazione nei singoli Stati costruita a partire dalle previsioni di Nate Silver:

Come si può notare, anche secondo questo modello per Biden potrebbe non essere necessario vincere in Florida, purché si aggiudichi Arizona, New Hampshire e Pennsylvania, tre Stati nei quali secondo Silver il suo vantaggio su Trump è più basso che in altri. Per gli appassionati di elezioni americane, l’appuntamento è per la prossima settimana con l’aggiornamento delle previsioni.

Metodologia
FiveThirtyEight utilizza i dati di sondaggi nazionali e locali, unendoli ad alcuni indicatori di natura economica, ed effettua 40mila simulazioni del risultato elettorale.
L’Economist affianca ai sondaggi quelli che le scienze politiche definiscono fattori strutturali, come ad esempio il maggior interesse verso le elezioni a mano a mano che ci si avvicina al voto.
Il JHK Forecast ai sondaggi e agli indicatori economici unisce la tendenza storica di un singolo Stato a votare democratico o repubblicano. I risultati sono simulati 20mila volte.