«Siamo il primo partito». Non ha usato mezzi termini il segretario del Pd Nicola Zingaretti nel commentare l’esito delle elezioni regionali del 20 e 21 settembre. Esultanza giustificata, se si pensa che nei giorni precedenti al voto voci davano il centrodestra vincente sia in Puglia che in Toscana, due delle tre regioni insieme alla Campania vinte invece dal centrosinistra con un candidato democratico.
Ma i numeri giustificano quest’esultanza? Sotto questo profilo, la questione è più complessa. Infodata ha raccolto i dati relativi alle percentuali ottenute dal Pd alle regionali, alle europee dello scorso anno e alle politiche di due anni fa. Ovviamente, solo in quelle regioni chiamate al voto questo fine settimana. Il risultato è rappresentato in questa infografica:
Nell’infografica il pallino rosso indica il risultato delle elezioni regionali, quello blu fa riferimento alle europee, mentre il giallo rappresenta le politiche. Più un pallino è a destra, maggiore è la percentuale ottenuta dal Pd in quella competizione, più è grande, maggiore è stata l’affluenza.
Intanto si può dire che nelle tre regioni in cui ha vinto il centrosinistra, oltre che nelle Marche, il Pd ha ottenuto un risultato superiore alle politiche del 2018, probabilmente il punto più basso toccato finora dai democratici, almeno in termini elettorali. Se quindi è questo il raffronto, migliorare non era poi così difficile.
Certo è che il risultato ottenuto dal Pd è importante soprattutto in Campania, dove era presente una lista del presidente Vincenzo De Luca, capace di ottenere il 13,3%. Un successo, quello dei democratici campani, ottenuto a discapito degli alleati di governo grillini, passati dal 30,1% delle politiche a poco meno del 10%.
Difficile valutare la situazione in Valle d’Aosta perché alle politiche il Pd si presentò insieme agli autonomisti dell’Alpe, Epav, Stella Alpina, Union valdotaine e Union valdotaine progressiste. Mentre alle regionali ha formato il Progetto civico progressista con Rete Civica ed Europa Verde. Circostanze che rendono difficile pesare il voto dei soli democratici. Di sicuro il calo rispetto alle politiche c’è stato, ma è dovuto in buona parte al fatto che l’Union Valdotaine ha corso da sola sfiorando il 16%.
Nulla però di nemmeno lontanamente paragonabile a quanto avvenuto in Veneto, dove il Partito democratico è arrivato all’11,9%. È vero che, visti i risultati, gli alleati del Movimento 5 Stelle farebbero carte false per un risultato del genere (in Veneto si sono fermati al 3,25%), ma alle europee dello scorso anno, quelle della Lega al 40%, il Pd sfiorò il 19%. La ragione del crollo, da queste parti, ha però un nome e un cognome: Luca Zaia. Che ha ottenuto percentuali più alte di quante non ne siano andate al sì al taglio dei parlamentari, sia in Veneto che a livello nazionale.
Infine c’è la Liguria, dove il Pd si è fermato poco sotto al 20%, così come avvenne alle politiche di due anni fa. La differenza importante è che domenica e lunedì ha votato il 50,7% dei liguri, mentre alle politiche alle urne ci andò il 72,9% degli elettori. In numeri assoluti si è passati dai 169mila voti di due anni fa ai 124mila dello scorso fine settimana.
Tirando le somme, come sempre avviene quando si tratta di elezioni locali è difficile trovare un vincitore assoluto, specie se si guarda ai numeri. L’alternativa è l’aneddotica, quella per cui hanno vinto tutti e non ha vinto nessuno. E ci si può definire primo partito.
Post scriptum
Ci è stato fatto notare da alcuni lettori, anche attraverso i social network, che sommando i voti ottenuti nelle singole regioni, quelli del Pd superano di gran lunga quelli della Lega. Nello specifico, 1.784.626 croci sul simbolo democratico, 1.256.082 su quello dell’Alberto da Giussano. La differenza è di 528.544 preferenze in favore dei dem. Detto che il risultato va comunque tarato sul fatto che domenica e lunedì era chiamato al voto per le regionali più o meno un terzo dell’intero elettorato, questa analisi trascura un fattore. Un fattore chiamato Luca Zaia. Perché magari i 916.087 voti della sua lista, alle prossime politiche, non andranno tutti alla Lega. Ma è più probabile vadano qui che al Pd. Così rivista, la situazione è quella rappresentata da questa infografica.