Con l’arrivo della pandemia i movimenti degli italiani sono calati tantissimo, in parte per decisione spontanea e in parte per restrizioni legali, e il trasporto aereo non ha fatto eccezione. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Agenzia europea di statistica rispetto al grande picco estivo, quando solitamente decine di milioni di passeggeri partono da aeroporti italiani dirette verso altre località nazionali o internazionali, nel 2020 questo genere di mobilità si è praticamente azzerata anche includendo il primissimo periodo estivo – quando volare è tornato possibile anche senza ragioni di stretta necessità.
Ad agosto 2019, mostrano i numeri Eurostat, dagli aeroporti italiani erano partiti circa 14 milioni di persone dirette all’estero, e quasi sei verso altre destinazioni nazionali. Non abbiamo ancora i dati di agosto 2020, per cui è difficile fare un confronto diretto sul mese di picco del turismo italiano, ma a giugno le persone che hanno preso un volo erano ancora soltanto una piccola frazione di quanto avviene in tempi “normali”. Si è trattato, comunque, del primo mese in cui era di nuovo possibile viaggiare fra regioni e questo va tenuto a mente per farsi un’idea del periodo cui fanno riferimento questi dati.
A crollare sono stati sia i viaggi internazionali che quelli nazionali, ma a giugno questi ultimi sono risaliti un po’ più in fretta mentre i primi sono rimasti limitatissimi. Per dare un’idea, l’intero aeroporto di Fiumicino quel mese ha servito 114mila passeggeri diretti all’estero, mentre ad agosto 2019 erano stati quasi 3 milioni e mezzo.
Sappiamo comunque che a giugno 2019 gli aeroporti italiani avevano servito in tutto 15,7 milioni di passeggeri, contro numeri che a malapena sono nei dintorni del milione nel 2020.
Scorrendo la lista degli aeroporti, italiani e non solo, possiamo fare qualche confronto per farci un’idea di quanto le cose si siano congelate. Prendiamo Fiumicino, il primo aeroporto italiano. Al minimo di aprile ha avuto grosso modo tanti passeggeri quanto il piccolo aeroporto di Pescara al suo picco lo scorso agosto: circa 70mila. Mese estivo in cui lo scalo romano aveva, nel 2019, mosso quasi 4 milioni e mezzo di persone.
Il secondo aeroporto italiano è Milano Malpensa, che nello stesso mese dello scorso anno aveva ospitato un filo meno di 3 milioni e mezzo di passeggeri, è che ha visto una riduzione ancora più forte – dovuta con tutta probabilità alla difficile situazione lombarda dal punto di vista dell’epidemia – arrivando in aprile a un minimo di 17mila passeggeri, cresciuti poi a circa 40mila a maggio. Anche con l’alleggerimento delle restrizioni venuto subito dopo, comunque, non si è tornati neppure a 200mila.
Il terzo scalo italiano fornisce un indizio importante – fra diverse altre ragioni – per capire come mai l’epidemia si sia sviluppata tanto in alcune aree e meno in altre. Si tratta infatti di Bergamo/Orio al Serio, ovvero dell’aeroporto che serve una delle città (e delle province) con le peggiori conseguenze al mondo in termini di mortalità della popolazione. Una delle caratteristiche (per quanto non l’unica) che rende alcuni luoghi più suscettibili di altri allo svilupparsi di un’epidemia è infatti il suo essere punto nodale all’interno della rete di trasporti, il che al contrario rende le aree remote più difficili da accedere alle persone che trasportano il virus. Per limitare il contagio la mobilità e i contatti fra le persone sono uno dei fattori più importanti.
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