“Non ci sono dubbi che la crisi sanitaria ed economica abbia avuto un impatto enorme sul benessere psicologico delle persone”. Non c’erano grandi dubbi in proposito ma la conferma arriva anche da un rapporto dell’agenzia europea Eurofound. I giovani e chi è rimasto senza lavoro esprimono maggiore malessere.
Autrici e autori hanno fatto ricorso a un indice di benessere psicologico proposto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’indice prova a stimare l’umore delle persone nelle due settimane precedenti in base alle risposte ad affermazioni come “mi sono sentito allegro/a e di buon umore”, “calmo/a e rilassato/a”, “attivo/a e vigoroso/a” e così via, in una scala che va da zero punti (risultato peggiore) a 100 (risultato migliore).
Da aprile, picco negativo della prima ondata, a luglio, quando in Europa i focolai erano diventati ben più rari, il benessere psicologico è passato in media da 49 a 53, con un miglioramento che è stato rilevato in particolare per gli over 50 (da 50 a 55 punti), meno per i 35-49enni (da 47 a 50), e per i più giovani (da 47 a 51). Questi risultati costituiscono una rara eccezione ai valori trovati in circostanze normali, quando di solito sono le persone anziane ad avere, in linea generale, un minor livello di benessere psicologico rispetto ai giovani.
Da aprile a luglio tutti i miglioramenti sono stati statisticamente significativi, con “le nazioni più colpite dalla crisi sanitaria durante il lockdown (Francia, Italia e Spagna) fra quelle con variazioni più positive”.
Fonte: Eurofond
Come c’era da aspettarsi, i valori peggiori stati registrati fra coloro che non potevano lavorare, per ragioni di salute o perché disoccupati, con risultati a luglio rispettivamente di 40 e 43 punti nella scala OMS. I valori più alti, al contrario, sono stati quelli dei pensionati (56 punti). Da un punto di vista di genere, le donne hanno dichiarato un minor benessere psicologico rispetto agli uomini sia in aprile che a luglio, con una differenza di 3-4 punti.
Un elemento interessante è che la percezione di insicurezza lavorativa (ovvero ritenere probabile o molto probabile che presto si perderà il proprio lavoro) è risultata avere un’associazione più stretta con sentimenti di ansia rispetto alla perdita del lavoro vera e propria. “Le persone con una bassa sicurezza lavorativa hanno fatto segnare 43 punti nella scala OMS”, si legge, il che suggerisce che l’insicurezza rispetto al proprio impiego potrebbe non essere poi così diversa – in termini di benessere psicologico – rispetto alla disoccupazione. Lo stesso vale per per l’incertezza finanziaria, a intendere l’aspettativa che la propria situazione economica si deteriorerà nei prossimi mesi.
Quando è stato chiesto alle persone dei loro sentimenti negativi, ricorda il rapporto, da aprile ad agosto un minor numero di esse dice di essersi sentito solo, teso, giù di morale o depresso. Il miglioramento però è stato piuttosto piccolo. Per esempio il 16% dei rispondenti diceva di sentirsi solo sempre o per la maggior parte del tempo in aprile, contro il 13 di luglio.
Altra differenza che contraddice quanto potremmo immaginare riguarda l’età, nel senso che i giovani hanno espresso maggiore solitudine rispetto agli anziani, e tra l’altro con differenze non proprio piccole. Qualcosa di simile vale anche per altri sentimenti negativi, in effetti meno comuni a luglio rispetto ad aprile un po’ in tutte le classi di età ma comunque più presenti fra i giovani che fra gli anziani. Guardando ai singoli paesi esempi di miglioramenti significativi – pure partendo da un grande calo – sono proprio in Italia, oltre che in Francia, Polonia e Bulgaria.
A migliorare, nella stessa finestra di alcuni mesi dalla primavera all’estate, è stato anche l’ottimismo verso il futuro. Qui emergono di nuovo differenze significative di genere, con gli uomini più propensi a dichiararsi ottimisti già in aprile (49% contro 43%) e la differenza che si è fatta ancora più ampia a luglio (57% contro 48%). Dal punto di vista sanitario le conseguenze dell’epidemia tendono a essere più gravi per i primi, che hanno visto un maggior numero di decessi e conseguenze gravi dopo essere stati contagiati dal virus, ma gli effetti sulle seconde sono importanti e si concretizzano intanto in grandi difficoltà nel trovare e mantenere un lavoro, e poi in accresciute responsabilità domestiche per far fronte a molte attività interrotte dai vari lockdown. Queste differenze di genere erano già particolarmente acute in passato, in Italia innanzi tutto fra le nazioni sviluppate, e la crisi provocata dalla pandemia non sembra aver fatto altro che approfondirle.
Fra i danni al benessere psicologico troviamo poi un sentimento di esclusione sociale, particolarmente prevalente fra i giovani che forse – ipotizza il rapporto – è possibile far risalire alle diverse esperienze del lockdown fatte rispetto alle fasce più anziane della popolazione. Va comunque aggiunto che l’Italia risulta fra le nazioni dove questo sentimento è apparso più basso: dicono di averlo sentito il 13% dei e delle rispondenti, contro valori che arrivano e superano il 30% in Svezia, Bulgaria e Ungheria.
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