A fine dicembre l’ISS ha pubblicato i primi risultati della rilevazione PASSI (18-69 anni) e PASSI d’Argento (over 65 anni) in relazione alla pandemia COVID-19, condotto su un campione di 2700 persone. Si tratta di sistemi di sorveglianza coordinati da anni dall’ISS su mandato del Ministero della Salute e realizzati dalle Aziende Sanitarie Locali, che fra le altre cose indagano l’impatto dei determinanti sociali sulla salute.
Il rapporto non è interessante solo per i dati che riporta, ma anche – e non secondariamente – per l’esempio che fornisce sulla complessità di definire davvero come si costruisce la percezione del rischio.
La metà dei più poveri è diventata ancora più povera
Iniziamo dai numeri e non possiamo che partire dal dato economico. Nel complesso un adulto su tre (il 32%) ha visto peggiorare le proprie disponibilità economiche, ma non è stato lo stesso per tutti: fra i più abbienti ha perso qualche cosa solo un italiano su cinque, mentre fra chi aveva già difficoltà economiche oltre la metà (il 53%) si è trovato ancora più a terra. Questo dato è rilevante perché la domanda sulle difficoltà economiche fa riferimento al momento dell’intervista (quindi a pandemia in corso) non è detto che le persone che oggi dichiarano di avere qualche o molte difficoltà fossero in questa stessa condizione prima della pandemia.
Il gradiente sociale è confermato anche dal dato sul livello di istruzione. Il 35% di chi ha come titolo di studio al massimo la licenza media ha visto peggiorare la propria disponibilità economica, contro il 30% di chi ha almeno un diploma di scuola media superiore. Sono inoltre le fasce d’età delle giovani famiglie (35-49 anni) quelli che hanno visto una riduzione più drastica (il 36%) contro il 28% dei 50-69enni che lamentano la stessa situazione.
Gli anziani che hanno saltato le visite
Il lockdown, l’isolamento prolungato, il distanziamento, la limitazione dei contatti avranno presumibilmente conseguenze maggiori sulla salute dei più anziani. Il primo dato che emerge prepotentemente è che in quest’anno pandemico il 44% degli over 65 intervistati (oltre 1200 persone di questa fascia di età fra agosto e novembre 2020) ha dichiarato di aver rinunciato ad almeno una visita medica o a un esame diagnostico di cui avrebbe avuto bisogno, il 28% per sospensione del servizio e un altro 16% volontariamente per timore del contagio. Una tendenza che non vede differenze significative per caratteristiche sociodemografiche dei rispondenti (essere per esempio più o meno benestanti) anche se si nota che la scelta di rinunciare volontariamente alla visita medica o all’esame diagnostico per timore del contagio è più frequente fra le donne e fra le persone con un livello di istruzione più elevato. Percezione del rischio maggiore? Vedremo.