Dopo lo scorso anno, durante il quale la NBA ha posticipato le classiche tempistiche della stagione regolare e di conseguenza quella dei playoff a causa della pandemia, anche per questo campionato è cominciata la parte più calda della competizione.
E con l’arrivo dei playoff – che al momento sono giunti al secondo turno – con l’unica eccezione dei Phoenix Suns che hanno già staccato il biglietto per le finali della western conference – come da tradizione sono immancabili le previsioni, specialmente quelle di FiveThirtyEight.
Chiaramente, dal portale americano, non c’è che da aspettarsi nulla meno di qualcosa di sofisticato e in effetti i pronostici sulle squadre protagoniste della fase finale del campionato sono affidate alla bontà dell’algoritmo RAPTOR.
RAPTOR è un acronimo che sta per “Robust Algorithm (using) Player Tracking (and) On/Off Ratings” e, rispetto alle statistiche di stampo più tradizionale, è basato su una valutazione che tiene conto anche dei data più moderni come il player tracking e il play-by-play, quelli che in sostanza non compaiono nel classico box score, ossia il classico “tabellino” della partita.
Ad ogni modo, senza scendere troppo nei dettagli per i nerd statistico-cestistici, questo indicatore esprime il plus-minus di punti che un giocatore porta in dote alla propria squadra spalmato su cento possessi confrontandolo con il giocatore medio.
Benché nasca come misura del valore dei singoli, dallo score RAPTOR si può anche derivare una valutazione delle squadre, intese chiaramente come insieme di giocatori; ed è proprio questo il criterio che sta alla base delle previsioni di FiveThirtyEight che noi di Info Data abbiamo deciso di utilizzare.
Nei grafici che seguono per ognuna delle sedici squadre arrivate alla fase tradizionale dei playoff (va ricordato che dallo scorso anno si disputa un play-in aggiuntivo per mitigare l’abbassamento del numero di partite della regular season da 82 a 72) sono state riportate le percentuali previste di avanzamento ai vari step della corsa all’anello NBA (racchiuse nei cerchi in verde con gradiente direttamente proporzionale alla probabilità), abbinate al barchart che invece mostra la percentuale relativa alla vittoria finale.
Nel grafico a dispersione posizionato in basso, per completezza, oltre alla suddetta percentuale è indicato il rating delle squadre, utilizzato per determinarne la competitività a prescindere dagli incroci del tabellone playoff.
Partendo dal primo round, l’algoritmo RAPTOR ha centrato tutti e otto i pronostici compreso quello forse più critico che riguardava le sorti dei campioni in carica di Los Angeles, sponda gialloviola.
Con uno scarto ridotto (52% contro 48%) il vantaggio è stato attribuito ai Phoenix Suns, molto probabilmente per via della situazione di salute a dir poco zoppicante con cui i Lakers si sono presentati ai playoff, dovendo per giunta passare dalla fase eliminatoria dei play-in (in cui hanno battuto i Golden State Warriors di Stephen Curry in una gara secca).
Algortitmi o infortuni?
Sulle sorti della serie, conclusasi 4-2 in favore della squadra dell’Arizona, l’infortunio di Anthony Davis ha avuto una magnitudine difficilmente contenibile anche da una superstar come LeBron James che, a sua volta fermato a metà della stagione regolare per via di un problema alla caviglia, si è trovato troppo solo contro la squadra sbagliata, nel momento più sbagliato.
Come anticipato infatti, i Suns guidati dal backcourt di guardie formato dalla stella Devin Booker e da Chris Paul (che come suo solito ha fatto fare il salto di qualità anche a Phoenix nel suo primo anno di militanza) sono assolutamente in palla ed hanno già liquidato anche la pratica Nuggets con un secco 4-0 – il cosiddetto sweep – nonostante affrontassero la squadra del fresco MVP della stagione Nikola Jokic.
Va detto che anche per la franchigia di Denver, e purtroppo per lo spettacolo non è un caso isolato, la sfortuna ha giocato un ruolo fondamentale nel percorso che conduce al titolo di campioni NBA visto che poco prima dell’inizio dei playoff, il secondo violino dei Nuggets, la guardia Jamal Murray, autore di una post season spettacolare lo scorso anno nella serie contro i Jazz, ha subito la rottura del legamento crociato sinistro che lo costringerà ai box per parecchi mesi.
Per chiudere “in bellezza”, sempre per il capitolo sfortuna, negli ultimi giorni c’è stata l’ennesima vittima di un infortunio di rilievo, vale a dire Kyrie Irving, estrosa e spettacolare guardia dei Brooklyn Nets che insieme a James Harden e Kevin Durant avrebbe dovuto far tremare il mondo al sol pensiero di difendere contro un terzetto dal potenziale offensivo praticamente infinito.
Scriviamo al condizionale perché, pochi istanti dopo la palla a due di gara-1 tra i Nets ed i Milwaukee Bucks di Giannis Antetokounmpo, “il Barba” si è stirato il bicipite femorale destro, lo stesso che lo aveva costretto ad un altro stop sul finire della stagione regolare, complicando decisamente la missione di Brooklyn specie alla luce dell’assenza di Irving che ribalta completamente l’inerzia di una serie partita a gonfie vele ed arrivata addirittura al sonante +39 conclusivo di gara-2, prima del rientro di prepotenza da parte del Greek Freak e compagni.
Ma alla fine, chi vince?
Tornando alle previsioni, secondo i numeri prodotti da RAPTOR, i favoriti per la vittoria finale dovrebbero essere i Philadelphia 76ers – attualmente impegnati contro gli Atlanta Hawks – e i Los Angeles Clippers – alle prese invece con gli Utah Jazz – entrambi quotati con un 22% di probabilità e saldamente ancorati nelle prime posizioni anche per quanto riguarda il rating assoluto.
Rispetto a questo score, i Clippers sono addirittura primi per distacco a quota 1759, mentre i 76ers sono terzi (1713), appena dietro ai Jazz (1719), e a parimerito con gli ormai eliminati ed ex-campioni Los Angeles Lakers.
Oggettivamente, le prime sei squadre nella classifica di probabilità per la conquista del titolo NBA non sono enormi sorprese, quanto più realtà chiamate, per motivi diversi, ad un segnale forte che poteva essere sia di conferma o di riscatto rispetto alla passata stagione come nel caso dei Clippers, rimontati miseramente dopo un vantaggio di 3-1 al secondo turno contro i Nuggets.
Un taglio col passato
Detto che ci aspetta un finale di stagione quanto mai incerto, una cosa è sicura: i prossimi campioni NBA non saranno (più) abituati ai festeggiamenti.
Attualmente, delle sette squadre ancora in corsa, le uniche ad avere vinto l’anello sono state i Philadelphia 76ers del “Doctor” Julius Erving nel 1983, i Milwaukee Bucks di Kareem Abdul Jabbar nel 1971 e gli Hawks, all’epoca ancora di casa a Saint Louis, nel lontano 1958, mentre tutte le altre franchigie, nella migliore delle ipotesi hanno solo accarezzato il traguardo finale.
In particolare, l’ultimo contatto con il titolo NBA per Phoenix è avvenuto durante le Finals del 1993 perse contro i Bulls di Michael Jordan che si sarebbero confermati per la terza volta di fila (per il primo di due threee-peat); per i Nets invece bisogna tornare al biennio 2002-2003 quando, ancora ubicati nel New Jersey, guidati da Jason Kidd si dovettero arrendere nell’ordine ai Lakers di Shaq&Kobe e agli Spurs di Tim Duncan; i Jazz invece sono stati sconfitti sia nel 1997 che nel 1998 sempre dai Bulls che in quel frangente andarono a suggellare il loro quinto e sesto titolo, completando la seconda tripletta targata Jordan.
Considerando quindi che i Denver Nuggets sono già stati eliminati, l’unica squadra a non aver mai raggiunto le finali sono i Los Angeles Clippers che, tra l’altro, recentemente sembrano aver ingranato la giusta marcia con Paul George assestatosi sugli standard che tutti si stavano aspettando da lui in modo da poter formare con Kawhi Leonard una coppia di ali bi-dimensionale che potrebbe condurre una squadra, sia offensivamente che difensivamente, verso il titolo tanto ambito.
Sarà abbastanza? Potrebbe essere…