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E’ un cliché della politica italiana e anche il settore più vessato e sempre sotto tiro delle regolamentazioni: parliamo delle discoteche. Ora che si profila la ripartenza ci siamo chiesti: quali sono i numeri dei gestori del settore? Secondo l’analisi dei bilanci pre-pandemia (raccolti dal data provider Aida BvD) ci sarebbe una perdita aggregata di circa trentaquattro milioni di euro in cinque anni.
Cosa sta succedendo?
Nella ripartenza che dovrebbe avvenire con il periodo estivo, lo sparo dello starter è ormai pronto a dare il via definitivo a tutte le attività. Alcuni settori, tuttavia, potrebbero non iniziare sulla stessa linea degli altri corridori. Ne è un chiaro esempio il comparto delle discoteche italiane.
Inoltre, ora che è stata confermata la data del 1° luglio per l’introduzione del Green pass, si pensa all’utilizzo di questo strumento anche per il comparto. E benché non si sia fatta pienamente chiarezza su quanto si potrà fare o meno nelle discoteche, la riapertura è prevista per il 10 luglio. Questo è quanto affermato – solo ieri, dopo un lunghissimo silenzio – dal sottosegretario alla Salute Costa.
E all’estero?
In Europa si muove qualcosa – e da tempo. In Spagna, ad esempio, come riporta l’agenzia Efe, i locali notturni hanno riaperto in differenti regioni. Dal 21 di giugno l’orario di chiusura per le discoteche nella zona di Madrid è impostato alle tre del mattino. Nella Catalogna alle tre e mezza. Tuttavia restano delle restrizioni, come il divieto di ballare negli spazi chiusi insieme all’obbligo di indossare la mascherina.
Tutt’altra situazione per il Regno Unito, dove il premier Boris Johnson ha deciso di far slittare (almeno per il momento) le riaperture dei club al 19 luglio.
Numeri di sofferenza, oggi come ieri
Ma ora torniamo in Italia e facciamo il punto sul settore. Secondo i numeri delle associazioni di categoria (dati Silb-Fipe, associazione italiana delle imprese di intrattenimento da ballo e spettacolo) le discoteche e i locali simili che promuovono attività da sala da ballo nel 2021 sono circa tremila. Un anno fa, secondo la medesima fonte, erano tremilacinquecento. Quindi parliamo di ben cinquecento strutture chiuse, con relative perdite al seguito – e solo nell’ultima annata. Maurizio Pasca, che della Silb-Fibe è presidente, dichiarava a inizio anno: “di questo passo almeno metà delle discoteche spariranno dalla circolazione, nella migliore delle ipotesi diventeranno parcheggi, mobilifici, show-room, centri commerciali. Nella peggiore delle ipotesi diventeranno facile preda della malavita”. Insomma, nulla di confortante.
Ma com’erano gli introiti del comparto prima della pandemia? Esaminando gli utili aggregati del settore negli ultimi cinque anni e sottraendo da questi le perdite profuse nel medesimo lasso temporale, si evidenzia che neppure in uno degli anni è presente un risultato positivo. Questo perché, da quanto dichiarato dai gestori, le perdite (in media) sono sempre state superiori agli utili realizzati. Non solo, in alcuni anni (si guardi al 2016, che ricordiamo essere l’anno immediatamente successiva all’apertura del vaso di pandora del Bataclan) le perdite raggiungevano un picco assoluto di circa otto milioni e mezzo.
È inoltre evidente che nel 2019 i dati aggregati fossero minimamente rientrati verso una possibile riconquista di introiti da parte dei gestori, ma questo auspicio si è indubbiamente affievolito oltre ogni ragionevole dubbio, vista la pandemia e il vortice distruttivo delle chiusure.
Una vecchia logica ostativa
Ma come sono possibili dei risultati così deludenti? Si pensi alle leggi imposte per l’efferato attentato del 2015 al Bataclan, ai controlli stringenti sulle norme contro il sovraffollamento dopo la tragedia di Corinaldo del 2018 – dove ci furono sei vittime per asfissia coinvolte nell’incidente avvenuto al concerto di Sfera Ebbasta, molte delle quali minorenni. Nondimeno bisognerebbe mettere in conto che le piste da ballo (in senso lato) lottano contro quelle realtà che di fatto sono degli stabilimenti balneari o dei ristoranti, ma che offrono anche un servizio come un dj set o un concerto al quale può tranquillamente far seguito una situazione simile a quella che si ritroverebbe in discoteca. Tali fattispecie sfuggirebbero a tutta una serie di obblighi ai quali, invece, i club in senso stretto si ritrovano necessariamente a sopperire. Questo induce a una concorrenza ritorsiva a braccetto con una regolamentazione asfissiante. Una situazione a cui il governo non sembra si sia mai interessato, benché le associazioni di categoria ne abbiano ampiamente denunciato le conseguenze sulle loro attività.
Forse il settore dovrà a breve arrischiarsi in una maratona già strozzata dall’affanno di una situazione che nei precedenti anni è stata debilitante. Si riapre dopo più di un anno, ma con quanta sofferenza?
Data Analysis ospita interventi di ricercatori e docenti universitari e analisi di data journalist ed esperti su working paper, articoli scientifici e studi che parlano in modo più o meno diretto alla società e alle politiche data-driven.
Autore: Enrico Calabrese: market Intelligence Analyst per PricewaterhouseCoopers (PwC Italy), studia le industrie nella loro evoluzione, cercando di cogliere con le sue analisi le criticità sistemiche assieme alle opportunità dei mercati.
Appassionato di data journalism, letteratura, musica e politica. Di provenienza Salentina, attualmente vive a Milano.