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economia

Come è cambiato l’indice sulla tutela dei diritti di proprietà nel 2020?

Senza una adeguata tutela dei diritti di proprietà, è difficile innovare e creare sviluppo economico”.

Questo è il take-away per quanto riguarda l’International Property Rights Index per il 2020, ossia l’indice internazionale sulla tutela dei diritti di proprietà.

Questo studio – a cura della Property Rights Alliance – misura quale sia il livello di tutela in oltre 120 paesi, rappresentanti circa il 98% del Pil mondiale ed il 94% della popolazione, e tiene conto di dieci fattori diversi raggruppati in tre macro categorie: sistema politico/giuridico, tutela dei diritti fisici e tutela dei diritti intellettuali.

Ad ognuno dei fattori presi in esame viene assegnato un punteggio che poi confluisce in un valore unico sintetico, rappresentante appunto lo stato di salute della tutela dei diritti di proprietà in una scala che va da zero a dieci.

Per l’edizione del 2020 è stata posta molta enfasi (anche nel sistema di giudizio finale) su due temi in particolare: la parità di genere  e la necessità di tutelare i diritti di proprietà specialmente durante i periodi straordinari di emergenza, come la pandemia se si pensa ad esempio a tutto quello che ruota attorno alla ricerca sui vaccini.

Con i dati resi disponibili da Competere, membro della Property Rights Alliance, noi di Infodata abbiamo dato uno sguardo a quale sia lo scenario dello scorso anno anche per capire dove sia posizionata l’Italia nel panorama mondiale.

Nell’infografica che segue sono rappresentati i valori dei paesi esaminati, suddivisi per macro regioni (per le quali è stato preso come riferimento il valore medio) e colorati sulla base di un gradiente semaforico che spazia dal rosso dei valori più bassi fino al verde di quelli più alti.
Cliccando sulle singole macro regioni consentirà un focus specifico sia a livello di mappa sia per quanto riguarda i due grafici relativi ai paesi più e meno performanti.
Esaminando ogni nazione (passaggio del mouse da desktop e click da mobile) sarà possibile ottenere informazioni anche sul ranking a livello mondiale e regionale, così come avere indicazione della variazione dello score rispetto al 2019.

Complessivamente, la distribuzione degli score è piuttosto chiara: Nord America (anche se rappresentato da soli due paesi ovviamente) e Europa occidentale sono le due macro regioni con i valori medi più alti, assestandosi rispettivamente a 8,05 e 7,55, seguiti dalla zona asiatico-oceanica che ottiene l’equivalente di una sufficienza piena a fronte del 6,19, per comporre il terzetto sopra la quota del sei.

Subito dietro si classificano l’area compresa tra Medio Oriente ed Africa settentrionale (5,69) e le regioni centrali di Europa ed Asia (5,50), per finire poi con America latina (5,05) e resto dell’Africa (4,74) che presentano valori medi prossimi o inferiori al cinque.

Andando invece nel dettaglio delle nazioni, la prima posizione spetta alla Finlandia che con uno score pari a 8,65, pur a fronte di una riduzione percentuale di cinque punti percentuali rispetto al 2019, guida la graduatoria precedendo la Svizzera (8,53) creando così una coppia di testa tutta europea per una top5 completata poi da tre paesi dell’area asiatico-oceanica: Singapore (8,48), Nuova Zelanda (8,42) e Giappone (8,36).

Sul fronte opposto invece, la poco ambita prima posizione nella “bottom 5” è assegnata ad Haiti (2,66) che precede – al contrario – di poco la repubblica dello Yemen (2,71) ed il Venezuela (2,85), con Bangladesh ed Angola che completano la lista alla luce di valori quantomeno superiori al tre (rispettivamente 3,29 e 3,36), formando quindi una rappresentativa di ben quattro diverse macro regioni.

La situazione italiana

In questo quadro complessivo, l’Italia (6,15) figura al quarantasettesimo posto assoluto, penalizzata specialmente dalla prima delle tre macrocategorie prese in esame, vale a dire il sistema politico giuridico, per via della poca stabilità politica, raggiungendo invece una sufficienza risicata nelle altre due voci.

Benchè ci sia stato un lieve miglioramento nel valore dello score rispetto al 2019 (+2,6%), il nostro paese ha perso una posizione rispetto al quarantaseiesimo posto della precedente classifica e resta comunque sempre troppo distanziato rispetto, ad esempio, alle altre nazioni del G7 che mediamente ha un valore pari a 7,7.

Per avere qualche metro di riferimento su scala mondiale, l’Italia è preceduta da Sud Africa, Uruguay, Ruanda, Giordania e Cipro, solo per citare le prime cinque nazioni in ordine di apparizione.

Focalizzandosi poi sulla macro regione di appartenenza relativa all’analisi condotta, la situazione è ancora più impietosa se si pensa che dei 19 paesi censiti, la nostra nazione figura al diciottesimo posto, ottenendo un risultato migliore solo della Grecia (5,23), ossia l’unica realtà al di sotto della quota del sei.

Per concludere, è anche interessante notare come per l’Europa Occidentale, benchè il valore medio sia attestato a 7,55, in aggiunta ad Italia e Grecia ci sono solo altri quattro i paesi (Francia, Portogallo, Spagna, Malta) al di sotto di questo riferimento, e per di più collocati tutti nella zona meridionale dell’Europa, segnale di come invece il resto dell’Europa considerata goda di una situazione piuttosto solida dal punto di vista della tutela dei diritti di proprietà.