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politica

Open data, cosa è successo in Italia nel 2020? Ecco cosa misura l’Open data rankings

Prima di noi viene la Romania, subito dopo ecco l’Ungheria. Quando si parla di open data, è questa la posizione occupata dall’Italia nel mondo. A dirlo è l’aggiornamento 2020 dell’Open data rankings, un’indicatore che misura quantità e qualità dei dati aperti messi a disposizione dagli istituti nazionali di statistica e, più in generale, da ogni ente governativo. Indicatore che, su una scala da 1 a 100, assegna al nostro paese un punteggio pari a 66.

Sul podio mondiale Singapore (92), Polonia e Finlandia (entrambe con 85). In fondo, invece, Turkmenistan (1), Haiti (4) e lo Swaziland (10). Sulla mappa il rosso diventa tanto più scuro quanto più è alto il punteggio che Open data watch, l’organizzazione che redige l’indice, ha assegnato al singolo paese.

Tornando all’Italia, è interessante analizzare più nel dettaglio come viene elaborato il punteggio finale. In buona sostanza, questo valore è il combinato disposto della copertura dei dati, ovvero di quanti settori della pubblica amministrazione rendono disponibili le informazioni, e del loro grado di apertura, che considera invece quanto le licenze consentano il riutilizzo di questi dati.

Sotto quest’ultimo profilo, la situazione non è cosį negativa: con 77 punti, l’Italia salirebbe al 25simo posto in classifica. Il problema sono invece i 54 punti ottenuti guardando alla copertura, che ci fanno precipitare al 63simo posto. A penalizzare sono i risultati assegnati sia per quanto riguarda la diffusione di open data a livello provinciale (21) e regionale (26)

Quanto siano importanti gli open data e di quanto sia importante che siano disaggregati, specie sotto il profilo geografico, è purtroppo emerso durante la pandemia da Sars-CoV-2. A questo tema Infodata ha dedicato una puntata di Think, Tally, Talk, ospite la ricercatrice del Cnr Giorgia Lodi.