Per l’undicesimo anno consecutivo cala la libertà di internet nel mondo. A sostenerlo è FreedomHouse l’organizzazione non governativa internazionale che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani. Ha preso in esame 70 nazioni, valutate su 21 diversi indicatori come gli ostacoli all’accesso alla rete, limiti nei contenuti che è possibile pubblicare, la violazione dei diritti degli utenti.
«In almeno 20 Paesi – si legge nel report – i governi hanno bloccato l’accesso a Internet e in altri 21 hanno impedito alla popolazione di accedere alle piattaforme social, soprattutto in periodi di tensioni sociali o di elezioni»
Italia e Stati Uniti si collocano tra i primi Paesi in cui vige la libertà di utilizzo della Rete, rispettivamente con 76 e 75 punti, preceduti dal Giappone e dai maggiori partner europei. Gli Usa però è il quinto anno consecutivo che perde posizioni.
Maglia nera alla Cina, i peggioramenti maggiori nel Myanmar. Il report, in particolare, evidenzia che nell’ultimo anno in 48 nazioni su 70 analizzate – pari all’88% degli utilizzatori globali – sono state predisposte nuove norme per le aziende tecnologiche in materia di contenuti, dati e concorrenza. “Con poche eccezioni positive – spiega l’organizzazione all’Ansa- la spinta a regolamentare l’industria tecnologica che deriva in alcuni casi da problemi reali come le molestie online e le pratiche manipolative del mercato, viene sfruttata per soffocare la libertà di espressione e ottenere un maggiore accesso ai dati privati. Le vittime sono gli utenti”.
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