Nulla a che vedere con il 2020. La stagione influenzale 2021-22 è iniziata a spron battuto, con molti più casi rispetto anche alle stagioni precedenti la pandemia. Lo mostra il primo rapporto epidemiologico InfluNet dell’Istituto Superiore di Sanità: nella 45sima settimana del 2021 si osserva un’incidenza di sintomatologia simil-influenzale pari a 4,2 casi per mille assistiti (erano 3,5 per 1000 la settimana precedente). Nella stagione 2019-20 (ultima in cui è stata osservata un’epidemia stagionale di sindromi simil-influenzali), in questa stessa settimana, il livello di incidenza era pari a 1,75 casi per mille assistiti.
A essere colpiti maggiormente sono i bambini al di sotto dei 5 anni di età in cui si osserva un’incidenza pari a 15,8 casi per mille assistiti. Nove le Regioni (Val d’Aosta, P.A. di Bolzano, P.A. di Trento, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania, Basilicata, Calabria, Sardegna) che non hanno ancora attivato la sorveglianza mentre alcune tra quelle in cui è attiva – Piemonte, Lombardia e Emilia-Romagna- registrano un livello di incidenza delle sindromi simil-influenzali sopra la soglia basale.
Le soglie della stagione in corso per l’Italia sono: 3,16 casi per mille assistiti (livello basale), 9,37 (intensità bassa), 14,37 (intensità media), 17,36 (intensità alta), oltre 17,36 (intensità molto alta).
La maggior parte dei casi di sindrome simil influenzale segnalati sono riconducibili ad altri virus respiratori diversi da quelli influenzali, e va detto che chiaramente rispetto al pre-pandemia, i sintomi simil-influenzali rendono le persone molto più propense a recarsi dal medico, per scongiurare che si tratti di COVID. Il confronto con la stagione passata, dove in questo periodo eravamo in semi-lockdown, è comunque netto.
La domanda è che possibile impatto potranno avere le coinfezioni fra COVID-19 e influenza in questa stagione.
Nel 2021, non sappiamo ancora molto su come, o quanto spesso, il virus dell’influenza e il SARS-CoV-2 agiscano in tandem all’interno dello stesso corpo.
Una revisione della letteratura pubblicata a maggio 2021 su PLOS, basata sui dati di 118 articoli scientifici, ha stimato che ben il 19% dei pazienti con COVID-19 ha avuto in corso co-infezioni, e il 24% ha superinfezioni. La presenza di una coinfezione o di una superinfezione era associata a prognosi peggiori, incluso un aumento della mortalità. La metà di tutti i decessi per COVID-19 esaminati nello studio può essere attribuita a infezioni miste (non solo con virus influenzali).
Servono – concludono gli autori – test diagnostici per identificare e trattare le infezioni respiratorie concomitanti tra i pazienti con infezione da SARS-CoV-2, in particolare per ottimizzare le cure precoci domiciliari. Le persone malate di influenza sono similmente inclini alle superinfezioni batteriche, particolarmente pericolose per il problema dell’antibiotico resistenza. Non bisogna dimenticare tutta la serie di virus dell’herpes come il citomegalovirus, presenti nel 50-80% degli adulti, e il virus varicella-zoster, che causa la varicella e l’herpes zoster. Un altro che ci rimane per sempre è il virus Epstein-Barr, che può causare la mononucleosi.
Un’altra metaanalisi pubblicata su Nature a ottobre 2021 che ha coinvolto 30 studi, su 3834 pazienti con COVID-19, ha rivelato che 7% ha avuto un coinfectione batterica e il 3% ha avuto coinfectioni virali, in grossa parte influenza A. Ma soprattutto ha evidenziato che la precedente immunità all’influenza, ma non alla SARS-CoV-2, riduce il rischio di COVID-19 grave e di mortalità. Questi dati supportano sperimentalmente la necessità della vaccinazione contro l’influenza stagionale come misura per ridurre il rischio di comorbilità grave influenza/COVID-19.
La campagna influenzali e i dati.
La campagna per la vaccinazione antinfluenzale 2021-22 è iniziata, ma è presto per avere dati. Abbiamo però quelli della stagione 2020-21 che mostrano un incremento notevole di persone che hanno aderito alla vaccinazione rispetto agli anni precedenti: il 23,7 dei residenti, la percentuale più alta degli ultimi 20 anni (il valore più alto si era avuto nel 20101 con il 19,6% di popolazione vaccinata).
Fra gli over 65, per i quali la vaccinazione è consigliata e gratuita invece, siamo al 65% di vaccinati contro l’influenza, una percentuale molto maggiore di quelle degli ultimi dieci anni, ma in linea con quella del periodo 2000-2011.