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tecnologia

Quanto sappiamo del Long-COVID?

Abbiamo già parlato della una ricca revisione della letteratura medica pubblicata nell’ultimo anno e mezzo dal titolo I meccanismi di COVID-19 nel corpo umano: che cosa sappiamo fino a ora. Vediamo che cosa sappiamo a proposito di long-COVID, in particolare di come il virus può interagire con alcuni dei nostri apparati, oltre a quello respiratorio.

Spoiler: al momento, la sua fisiopatologia non è del tutto compresa. Su alcuni aspetti abbiamo ipotesi più ricche di correlazioni evidenti, su altri più speculative. Ma al tempo stesso sappiamo tantissimo di COVID-19. Come abbiamo ampiamente spiegato nella scorsa puntata, servono tempi lunghi.

L’immunità derivante da altre malattie

Crescono le evidenze che suggeriscono (non provano!) che le esposizioni esistenti a comuni ceppi di raffreddore potrebbero proteggere dallo sviluppo di sintomi gravi, se infettati da SARS-CoV-2. Tuttavia i meccanismi di protezione “incrociata” non sono perfettamente noti, scrivono gli autori. Le Cellule T e gli anticorpi reattivi per SARS-CoV-2 sono stati individuati in molti individui senza una precedente esposizione, indicando possibili precedenti infezioni con altri Coronavirus, che, in particolare quelle che causano il raffreddore comune, sono molto frequenti. Oltre ai CoV, dobbiamo considerate che anche le infezioni da altri virus respiratori, e i vaccini antinfluenzali recenti oltre alle le vaccinazioni infantili con batteri/virus vivi attenuati, come quello contro morbillo-parotite-rosolia (MMR) possono essere parzialmente protettive.

L’Obesità

È assodato che le comorbilità (cioè la presenza di più patologie croniche), in particolare l’obesità, favorisce la gravità del COVID-19. Il perché non è ancora definitivamente compreso. Plausibilmente, l’obesità determina uno stato di infiammazione sistemica cronica che modifica anche i fenotipi delle cellule immunitarie da antinfiammatorie a proinfiammatorie, favorendo una grave risposta infiammatoria contro qualsiasi nuova infezione.

L’apparato digerente

Al momento, si legge, ci sono prove sufficienti che confermano che SARS-CoV-2 può infettare il tratto gastrointestinale, ma come il virus raggiunga questo non è ancora ben compreso. Una via oro-fecale dell’ingresso virale è la spiegazione più plausibile per questo. Una precedente condizione infiammatoria intestinale, come la malattia infiammatoria intestinale (IBD), può aumentare la suscettibilità all’infezione da SARS-CoV-2 attraverso la trasmissione oro-fecale.

Il microbiota

Alcuni studi recenti hanno mostrato che i pazienti con COVID-19 hanno un microbioma ( la popolazione di microrganismi “buoni” presenti nel nostro intestino) diverso rispetto ai controlli, e che la composizione del microbioma intestinale può influenzare la produzione di citochine infiammatorie indotta da SARS-CoV-2. Certezze sul perché questo accada al momento non ce ne sono.

Il sistema nervoso

I sintomi neurologici lievi sono piuttosto frequenti: mal di testa, nausea, vomito, vertigini, perdita del senso (olfatto e gusto). A questi si aggiungono sintomi rari più gravi come atassia, convulsioni, alterazione della coscienza, ictus ischemico o emorragico, encefalomielite disseminata. Sebbene avvenga raramente, l’RNA virale è stato rilevato anche nel tessuto cerebrale e nel liquido cerebrospinale di pazienti deceduti.
Il modo in cui SARS-CoV-2 entra nel sistema nervoso centrale e media la patogenesi dei sintomi neurologici nei pazienti COVID-19 è via via sempre più chiaro. La via più probabile di diffusione virale al cervello è la diffusione transneuronale attraverso i nervi olfattivi. In associazione, è anche possibile la via ematogena dopo aver violato la barriera emato-encefalica. Diversi studi hanno rilevato infatti un’espressione significativa di ACE2 nelle cellule dell’epitelio olfattivo.

In realtà sappiamo molto

Sebbene da quanto detto sembra che sappiamo ancora poco, in realtà di COVID-19 sappiamo molto, considerata la complessità della materia e i tempi richiesti dal metodo. “Sono stati condotti ampi studi sperimentali” concludono gli autori. “Inoltre, un adattamento umano specifico dei meccanismi di interazione virale-ospite è stato derivato dai dati di laboratorio dei pazienti con COVID-19 e dagli studi sperimentali che coinvolgono organoidi di tessuti umani. Alla luce delle vaste scoperte ottenute finora, attualmente disponiamo di un’ampia comprensione delle interazioni virus-ospite, del trofismo tissutale e della patogenesi organo-specifica, del coinvolgimento dei sistemi fisiologici e della risposta immunitaria umana contro l’infezione da SARS-CoV-2.”