Ogni due anni l’Organizzazione mondiale delle nazioni unite pubblica un rapporto nel quale viene stimata la crescita della popolazione mondiale. Le stime proposte dagli esperti dell’Onu indicano che saremo 9,8 miliardi nel 2050 e 11,2 miliardi nel 2100. Quindi, come dire, la crescita continuerà seguendo una direzione ben precisa. Il rapporto in oggetto è del 2019 – quindi pre-covid- il nuovo sarebbe dovuto uscire quest’anno ma è stato rimandato al 2022. Ad ogni modo la crescita continuerà seguendo una direzione ben precisa. Le previsioni dell’Onu sono state messe in discussione da alcuni studi tra cui quello su Nature di settembre di quest’anno che ha indicato l’inizio di un “inverno demografico” che si caratterizzerà con un declino della popolazione con velocità varabili. Già a ottobre del 2020 però i ricercatori dell’università di Washington su The Lancet avevano stimato che entro il 2100 la popolazione mondiale sarà compresa tra 6,3 e 8,8 miliardi di persone, quindi addirittura potenzialmente meno rispetto all’anno 2020. Detto altrimento le nascite non saranno sufficienti per garantire il ricambio della popolazione. Qui sotto la grafica di Statista con le due previsioni.
I ricercatori di Washington hanno sviluppato nuovi metodi per prevedere la mortalità, la fertilità e la migrazione. La conclusione dello studio è che la velocità del declino della popolazione è legata al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo, in particolare l’istruzione per le donne e le ragazze e l’accesso alla contraccezione.
Il caso Italia. Come dichiarato dal presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo durante il convegno per la Giornata nazionale di Statistica di fine ottobre se le nascite non saliranno sopra quota 400mila unità all’anno nel lungo periodo la popolazione si fermerà a poco più di 30 milioni. Vuole dire la metà dei 59 milioni di persone che adesso vivono in Italia. E’ legittimo ipotizzare che il clima di paura e incertezza e le crescenti difficoltà di natura materiale generate dalla pandemia e dall’incertezza economica continueranno ad avere un’influenza negativa sulle scelte di fecondità delle coppie italiane. Le conseguenze in termini di solidità dello Stato sociale, pensioni e giustizia sociale sono purtroppo facilmente prevedibili.
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