Siamo soliti raccontare la Russia come un unico grande Stato. Per il pensare comune esiste la Russia. Questo è il nome con cui identifichiamo un grande stato transcontinentale, che si estende per un quarto in Europa e per tutto il resto in Asia. Un territorio di oltre 17 milioni di chilometri quadrati, il più vasto stato del mondo.
La Federazione Russa
La considerazione non è completamente sbagliata. Il nome ufficiale della Russia è però Federazione Russa. Un nome che ci fa comprendere come la realtà nata dalle ceneri dell’Unione Sovietica dopo il 26 dicembre 1991 sia più variegata di quanto siamo abituati a pensare. Sentiamo spesso dire che esistono tante Russie. È effettivamente così. La Federazione Russa ingloba al suo interno, tra le 85 entità federali in cui è suddivisa, 22 Repubbliche. Rispetto ad altri soggetti federali, come gli ‘oblast, le Repubbliche avevano il diritto di stabilire la propria lingua ufficiale, una propria Costituzione e un inno nazionale. Teoricamente l’attuale Costituzione, adottata dopo il 1993, non le classifica più come stati sovrani. La Costituzione dovrebbe rappresentare la massima autorità sulle Repubbliche ma in realtà i singoli trattati avevano un peso maggiore sotto Boris El’cin. Putin cominciò una serie di riforme per la centralizzazione dell’autorità del governo federale a partire dal 2000.
La maggioranza delle Repubbliche rappresentano aree abitate da popoli di etnia non russa. Decenni di migrazioni hanno nel tempo allentato questa suddivisione etnica e le varie nazionalità oggi non rappresentano necessariamente la maggioranza della popolazione di una repubblica.
Un po’ di storia
Il 15 novembre 1917 Vladimir Lenin e il Congresso dei Soviet proclamarono il diritto inalienabile dei popoli di Russia a disporre di se stessi, mettendo alla base l’eguaglianza e sovranità dei popoli della Russia, il diritto alla separazione totale e alla creazione di uno Stato indipendente e il libero sviluppo delle minoranze nazionali e dei gruppi etnici viventi sul territorio russo. Il diritto all’autodeterminazione per le minoranze non russe è uno dei punti che Putin contesta a Lenin. Il 1917 segna il momento in cui vennero infatti stabilite alcune delle 22 Repubbliche ancora oggi interne alla Federazione Russa, ma non solo. La Rada Centrale di Kiev proclamò immediatamente l’Ucraina repubblica indipendente. La maggior parte di questi nuovi stati vennero riconquistati dai sovietici durante la guerra civile russa e nel momento in cui venne formalmente creata l’Unione Sovietica. Le minoranze interne al paese assunsero il ruolo di Repubbliche socialiste sovietiche autonome, con un potere inferiore alle Repubbliche dell’Unione Sovietica. Queste ultime erano quindici e comprendevano anche la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Negli anni venti le autorità sovietiche incoraggiarono le minoranze a unirsi ai governi delle loro repubbliche per avere una rappresentanza e de-russificare il paese, una politica chiamata korenizacija. Le cose cambiarono dagli anni trenta, sotto la guida di Stalin, quando si iniziò a eliminare i non russi dal governo, in un tentativo di russificazione dell’amministrazione. La Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, la più estesa delle quindici ex repubbliche sovietiche, conteneva al suo interno nel momento della sua costituzione sedici repubbliche. È quella che oggi identifichiamo come Russia e alcune di quelle repubbliche sono le antenate delle attuali 22.
Nazionalità e religione
Alla caduta dell’Unione Sovietica, la posizione delle repubbliche socialiste sovietiche autonome divenne incerta. Non avevano il diritto di separarsi e Boris El’cin non sosteva la possibile secessione. La questione della sovranità nazionale è stata per anni argomento di discussione. La situazione più spinosa riguardava la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Cecenia-Inguscezia, che l’1 novembre 1991 dichiarò la propria indipendenza scatenando la prima guerra cecena. Oggi Cecenia e Inguscezia sono due repubbliche separate e rimangono tra le più problematiche per la Federazione. Uno dei motivi è proprio etnico.
Secondo i dati del 2002, che è possibile trovare anche su Wikipedia, in Cecenia il 93% della popolazione è di nazionalità cecena, con il 3.7% di russi. L’Inguscezia è un’altra delle repubbliche in cui l’etnia russa è meno rappresentata e corrisponde all’1.2%. Anche le diverse religioni influenzano la politica e i moti nelle repubbliche. Il Daghestan, per esempio, è stato più volte coinvolto nei fermenti fondamentalistici islamici che hanno trovato la loro principale base nella confinante Cecenia. Poco prima delle dimissioni El’cin inviò nuove truppe in Cecenia a seguito di un’invasione di jihadisti nel Daghestan. Il suo erede Putin costrinse i separatisti ad arrendersi, reintegrando il territorio nella Federazione Russa dopo aver catturato Grozny.
L’area sud-occidentale del confine russo è da anni la più attiva per i movimenti separatisti e gli scontri con lo Stato Islamico. Secondo i dati raccolti da Acled (Armed Conflict Location and Event Data Project) tra il 2018 e il 2022 si sono registrati 649 eventi nella zona, di cui 428 momenti di protesta e 80 battaglie sul territorio, spesso tra le forze militari o di polizia russe e gruppi islamisti. La maggior parte degli eventi si concentra in Daghestan.
Mentre la situazione cecena è da sempre la più complessa nel panorama russo, esistono movimenti secessionisti nella maggior parte delle repubbliche, pur non essendo in genere molto forti. All’interno della Costituzione non è specificato se una Repubblica possa legalmente separarsi dalla Federazione. Con l’annessione della Crimea nel 2014, Putin fece introdurre, attraverso la Duma, una legge per sanzionare chi chiedeva la separazione di qualsiasi parte del paese. Mentre le forze russe si muovono in Ucraina anche la situazione interna in alcune aree rimane da monitorare per Putin, nell’ottica della sua politica di centralizzazione del potere e per completare la sua visione ispirata alla Russia Imperiale degli zar.