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cronaca

Droghe, alcol, fumo. Come misurare davvero le dipendenze?

Mezzo milione di persone ha partecipato al sondaggio del Global Drug Survey 2022, per monitorare il consumo di droghe negli ultimi sette anni, dal 2015 al 2021. Il motivo è presto detto: nel mondo il consumo di sostanze psichedeliche, MDMA, cocaina, anfetamina e ketamina, sta crescendo sensibilmente fra i ragazzi con meno di 34 anni. La maggior parte del consumo di droghe è diminuito con l’inizio del COVID-19. Anche l’elevata percentuale di consumo di tabacco tra le popolazioni più giovani che consumano droghe rimane elevata, così come quella di alcol, che rimane IL principale problema e che viene incluso in questa survey al pari delle sostanze stupefacenti. Lo precisiamo, perché non è così comune che ciò avvenga.

Quest’anno il sondaggio ha provato a correlare il consumo di droghe con le abitudini delle persone, in particolare con il tipo di musica ascoltata e con le scelte alimentari. Non certo per puro onanismo statistico, ma per cercare di capire quali contesti possono essere più a rischio. L’idea di partenza è che le droghe sono “scelte” in parte in relazione ad altri interessi. Questa conoscenza può aiutarci a rivolgerci a popolazioni diverse in modi diversi quando pensiamo ai messaggi di salute pubblica e alla promozione della salute. Le percentuali più alte di consumo recente di droghe si riscontrano tra coloro che hanno selezionato la musica dance elettronica come genere musicale preferito, con percentuali più elevate di MDMA, di sostanze psichedeliche e di ketamina tra gli appassionati di techno, trance, dubstep, hard dance. La percentuale più bassa di consumo di droga è stata segnalata tra gli appassionati di jazz e di musica classica. Si osserva una correlazione piuttosto netta tra l’uso di droghe come l’MDMA e i battiti al minuto (BPM) della musica. Jazz o musica classica non sarebbero un ottimo abbinamento con l’MDMA. Nel complesso, fra chi ha frequentato settimanalmente discoteche nel 2021: l’80% ha fatto uso di cannabis o tabacco, più del 50% ha fatto uso di MDMA e più del 40% di cocaina. Circa 1 su 5 ha riferito l’uso di allucinogeni tra cui LSD e funghi magici.

Un’altra correlazione curiosa riguarda le abitudini alimentari. Le persone che si identificano come vegane hanno maggiori probabilità di riferire l’uso recente della maggior parte dei tipi di droghe, rispetto agli onnivori e ai vegetariani.

Il primo problema rimane l’alcol

La dipendenza più marcata – si diceva – rimane comunque l’alcol, incluso in questa survey parimenti a una droga. Gli effetti dell’abuso e del consumo costante di alcol sono stati “attutiti” nella storia della sanità, mentre negli ultimi anni hanno finalmente iniziato a essere presentati con la crudezza che meritano. Per farsi un’idea con un numero: l’ufficio Europeo dell’OMS stima che introdurre il 15% di tassazione per ogni unità alcolica consumata potrebbe salvare 133.000 vite ogni anno. Il consumo di alcol presenta i tassi più elevati nel 2021 per tutte le fasce di età, anche fra i giovanissimi, con una forbice che si allarga con l’età. Le persone più anziane, per abitudine, tendono a consumare più alcol rispetto alle altre sostanze psichedeliche. Quasi il 100% dei 15 enni ha consumato alcol nel 2021, quasi l’80% cannabis, più del 60% tabacco, intorno al 40% MDMA, e a scendere le altre sostanze. I consumi più “bassi” sono stati quelli di MDMA, funghi allucinogeni e i cosiddetti “popper”, nitriti alchilici.

Però…

Ci permettiamo un’ultima osservazione, che non emerge dalla survey, ma che a detta di chi scrive è importante da considerare affinché il dibattito sull’argomento non rimanga limitato, come spesso avviene. La definizione di “droga” è molto più articolata rispetto a quella a cui ci siamo abituati. Sono molte le sostanze che alterano le nostre percezioni e il cui abuso costituisce un serio rischio per la salute. Anche alcune sostanze farmacologiche che vengono utilizzate per il trattamento di un ampio ventaglio di condizioni che chiamiamo, semplificando, malattia mentale, e che dovrebbero sempre essere utilizzate sotto stretto controllo medico, se abusate possono costituire un problema. E soprattutto, sono indici di vulnerabilità. Pertanto, ai fini di “mappare” veramente lo stato di salute della popolazione per individuare i luoghi sociali del rischio di fragilità, che è ciò che interessa a noi di Infodata in queste sedi, non basta riesumare l’etichetta “droga” ogni qualche mese in qualche report. Al contrario, è importante cercare di evitare di porre dei paletti troppo stretti, che tengano da una parte del fiume gruppi di persone, e dall’altra, altre. Fuor di metafora: gli amanti della musica classica potrebbero non consumare “droghe”, ma non è detto che non presentino condizioni di fragilità gestite in altro modo. Anche qualora decidessimo di considerare l’utilizzo di tali sostanze come indicatore di vulnerabilità (sarebbe tuttavia opportuno fare dei distinguo) l’attitudine per un lavoro di raccolta dati serio dovrebbe preferire la direzione di una sempre maggiore inclusività e differenziazione al suo interno.