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cronaca

Alcol: negli ultimi 10 anni la situazione non è migliorata

La pandemia, in particolare i lockdown non hanno esacerbato il consumo di alcol fra gli italiani. L’ultima relazione al Parlamento sugli interventi realizzati ai sensi della legge 30.3.2001 n. 125 “legge quadro in materia di alcol e problemi alcol correlati” mostra che nel corso del 2020 è stato stabile, rispetto al 2019, il consumo giornaliero di alcol, anche se continua ad aumentare il consumo fuori pasto.

Ma non significa che va tutto bene. Se allarghiamo lo sguardo all’ultimo decennio, notiamo che in molte fasce d’età è aumentato il consumo di alcol, specie il suo abuso, in termini di percentuale di popolazione che na fa uso.

Come è andato il 2020. Dati di sintesi
Il consumo di alcol si misura con diversi indicatori: le unità alcoliche consumate ogni giorno, la percentuale di persone che consumano almeno una certa quantità di alcol per periodo, e la percentuale di persone che hanno avuto episodi di abuso  nell’ultimo anno. L’Istituto Superiore di Sanità (Osservatorio Nazionale Alcol) ha, ormai da anni, costruito un indicatore di sintesi che combina due principali comportamenti a rischio: il consumo abituale e il binge drinking (l’ubriacatura, per capirci). Sono da considerare a rischio gli uomini che hanno superato un consumo quotidiano di due Unità Alcoliche standard (UA), le donne e gli anziani che hanno superato un consumo quotidiano di una UA, e tutte le persone che hanno praticato il binge drinking almeno una volta nel corso dell’anno passato.

Nel 2020 il 22,9% degli uomini e il 9,4% delle donne con più di 11 anni, o hanno bevuto troppo come media giornaliera o hanno avuto almeno un episodio di ubriacatura. L’analisi per classi di età mostra che la fascia di popolazione più a rischio per entrambi i generi è quella dei 16-17enni, seguita dagli anziani ultra 65enni.

I giovani bevono come gli anziani
L’aspetto interessante è che i giovani di oggi bevono tanto quanto gli anziani anche se sono portati a scegliere meno il vino e a preferire birra o superalcolici. I dati ISTAT riferiti all’anno 2020 confermano in particolare la tendenza degli ultimi anni dell’aumento dei consumi di bevande alcoliche fuori dai pasti. Si è registrato negli ultimi dieci anni un progressivo incremento della quota di donne consumatrici che, per il consumo occasionale, passano dal 38,8% al 45,3%, e quasi duplicano per il consumo fuori dai pasti, passando dal 14,2% al 22,4%. Il consumo di bevande alcoliche tra i giovani permane una criticità che suggerisce di mantenere alta l’attenzione su questa fascia di popolazione.

La quota di consumatori di bevande alcoliche aumenta al crescere del titolo di studio conseguito, ciò avviene soprattutto per le donne e soprattutto in relazione al consumo fuori pasto. Andamento inverso ha, invece, il consumo quotidiano, che risulta crescente al diminuire del titolo di studio, soprattutto per gli uomini.

Quante persone sono finite in ospedale
Il consumo dannoso e rischioso di alcol rappresenta un importante problema di salute pubblica, in quanto responsabile in Europa di circa il 4% di tutte le morti e di circa il 5% degli anni di vita persi per disabilità. Al danno biologico si possono associare danni indiretti causati da comportamenti irresponsabili che conducono ad azioni violente, sconsiderate, e nei maggiorenni anche ad incidenti spesso mortali o invalidanti.
Nel corso del 2020 si sono contati 29.362 accessi in Pronto Soccorso con una diagnosi principale o secondaria attribuibile all’alcol, in 7 casi su 10 si è trattato di uomini. Due terzi degli accessi con codice verde, il l 22% con codice giallo, il 10% con codice bianco e il 2% con codice rosso. A un accesso su otto viene assegnata una diagnosi principale di abuso di alcol, non specificato, a un altro caso su otto viene attribuita una diagnosi di abuso di alcol, episodico.

I dati ricavati dalle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) nel 2020 rilevano complessivamente 43.445 dimissioni ospedaliere, con almeno una patologia attribuibile all’alcol, o come diagnosi principale di dimissione, o come una delle diagnosi secondarie, che coesistono al momento del ricovero e che influenzano il trattamento terapeutico somministrato.

Alcoldipendenza e servizi
Sempre nel 2020 sono state prese in carico oltre 64 mila persone presso i servizi o gruppi di lavoro e un caso su cinque è rappresentato da utenti nuovi. 3 utenti su 4 hanno un’età compresa tra i 30 e i 59 anni, mentre i giovani al di sotto dei 30 anni rappresentano il 7,1% dei soggetti trattati.
Come vengono aiutate queste persone? Dipende da tanti fattori. Nel 2020 solo il 32% degli utenti è stato sottoposto a trattamenti medico-farmacologici in regime ambulatoriale, il 25,7% al “counseling” rivolto all’utente o alla famiglia, il 3,6% è stato inserito in gruppi di auto/mutuo aiuto; per il 16,6% si è scelto un trattamento socio-riabilitativo, mentre l’inserimento in comunità di carattere residenziale o semiresidenziale ha riguardato solo il 3% degli alcoldipendenti.
Ma soprattutto i trattamenti psicoterapeutici o psicologici sono stati attivati solo per il 13,1% degli utenti.