Da Marcell Jacobs alle centinaia di ragazze che affollano le corse campestri, da Federica Pellegrini ai bambini in età prescolare che scendono in vasca per la prima volta, da Jannik Sinner al “doppio” sui campi di provincia: lo sport in Italia è fatto dai campioni e dalle campionesse che guadagnano con le loro imprese le prime pagine dei giornali ma anche – e forse soprattutto – dagli oltre 15milioni di atleti di ogni età che praticano le decine di discipline disponibili per competere, divertirsi o anche solo tenersi in forma.
E, complessivamente, i ricavi annuali del settore sfiorano i 100 miliardi. Lo afferma l’Osservatorio dello Sport System italiano di Banca Ifis, che nella sua prima edizione ha fatto il punto di un fenomeno complesso che impiega risorse, muove investimenti, occupa addetti e produce valore lungo tutta la propria filiera, dalla costruzione di impianti fino alle scommesse sportive passando per l’abbigliamento e per decine di altri settori coinvolti. Ma, certamente, il grosso dello sport sono le attività di base: tra le associazioni, enti, federazioni e gestione degli impianti si stima che nel 2019 che fossero coinvolte oltre 74mila realtà e 228mila addetti, generando la metà dei ricavi dell’intero sport system.
È dunque il movimento diffuso che innesca l’intero processo: coinvolge famiglie, fornisce servizi, mobilita risorse. Lo scopo è quello di cercare la prossima Barbara Bonansea o il prossimo Vincenzo Nibali: ma non solo, anche di coinvolgere, educare, far stare bene. E la salute è forse l’esternalità positiva principale: secondo l’Osservatorio, sono oltre 5 miliardi i risparmi per il servizio sanitario nazionale, dovuti al miglioramento delle condizioni fisiche degli sportivi.
Il Covid ha inciso parecchio sul settore: le associazioni e società sportive hanno visto un calo dei ricavi di quasi il 20%, con 30mila addetti in meno. Ugualmente, anche il fenomeno degli eventi di massa rinviati o cancellati a causa della pandemia, ha comportato un forte calo del giro d’affari del settore sportivo. Si pensi, ad esempio, agli eventi, quali le maratone o le granfondo ciclistiche, che coinvolgono migliaia di appassionati e che hanno un significativo impatto economico sul territorio con la domanda di ospitalità, ristorazione e consumi.
Il 2021, invece, è stato un anno di ripresa per lo sport italiano. Eccezionale sicuramente come risultati agonistici complessivi (a partire dall’atletica leggera alle Olimpiadi di Tokyo fino alla vittoria della nazionale di calcio maschile agli europei), mentre, sul lato economico, prosegue la faticosa risalita verso la situazione pre-pandemica. Nei 12 mesi passati i ricavi totali hanno sfiorato gli 80 miliardi, in crescita rispetto al periodo precedente ma ancora lontani dal potenziale complessivo. L’Osservatorio sottolinea inoltre come siano gli investimenti quelli che possono servire da volano per la crescita dell’intero settore: la stima è che ogni euro pubblico speso, ne attivi quasi 9 di fondi privati per dare vita ad un fatturato di 20. Un impiego di risorse con ritorni significativi, anche a breve termine.
E quest’anno? Certamente la fallita qualificazione al mondiale della nazionale di calcio maschile comporterà una contrazione dell’indotto, dai media alle scommesse al merchandising. Tuttavia, gli appassionati che non praticano alcuno sport avranno un motivo in più per alzarsi dal divano e provare le proprie passioni in campo, in pista, su strada, in palestra o in piscina: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Per fortuna.