Il comparto agricolo italiano ha retto tutto sommato bene alla pandemia, sia per quanto riguarda le superfici coltivate che la produzione e quindi i profitti. Stando all’ultima rilevazione Istat pubblicata il 26 aprile 2022, per l’86,4% delle aziende agricole italiane la superficie agricola utilizzata è rimasta invariata dal 2020 al 2021, mentre per il 4,8% è addirittura cresciuta. Un’azienda su tre ha dichiarato di prevedere una riduzione delle aree coltivate nel 2022, ma in realtà alla domanda sui profitti, solo il 12,7% prevede una riduzione nell’anno in corso, il 46,9% non prevede variazioni di reddito e il 20,5% si attende addirittura un aumento. Il problema della riduzione dei prezzi di vendita del proprio prodotto e della domanda ha interessato il 17,8% delle aziende agricole con coltivazioni cerealicole.
L’indicatore che misura la superficie coltivata è il SAU (superficie agricola utilizzata) e include l’ insieme dei terreni investiti a seminativi, coltivazioni legnose agrarie orti familiari e prati permanenti e pascoli.
Nel 2021 questo è diminuito solo di 1,9 punti percentuali rispetto al 2019 e di 1,7 punti percentuali sul 2020. I cereali – in particolare il frumento duro, il mais, il frumento tenero e l’orzo – trainano l’agricoltura italiana: rappresentano infatti il 43,9% dei seminativi, a grande distanza dalla seconda categoria, gli erbai e i pascoli temporanei, che costituiscono il 35,4% del comparto. A livello nazionale il peso relativo dei cereali risulta in crescita nel 2021: +0,6 punti percentuali al Nord Ovest, simile a quella delle Isole ma inferiore a quella messa a segno dal Sud (+3,3 punti percentuali). Nel complesso il 30% dei cereali è coltivato al Sud, con la Puglia a trainare l’economia, e il 22,9% a Nord-Ovest.
Quest’ultima area vede, peraltro, una crescita dell’incidenza dei cereali sui seminativi pari a 0,6 punti percentuali, simile a quella delle Isole ma inferiore a quella messa a segno dal Sud (+3,3 punti percentuali), che riporta questa ripartizione su valori simili a quelli del 2019. L’incidenza dei cereali diminuisce al Nord-est (-0,7 punti percentuali) e soprattutto al Centro (-2,4 punti percentuali).
In realtà nell’ultimo biennio si osservano variazioni importanti fra un tipo e l’altro di cereale. Si prevede per il 2022 una flessione di 1,4 punti percentuali della superficie a frumento duro e di 4,8 punti percentuali della superficie a mais, a vantaggio di a orzo (+8,6 punti percentuali) e frumento tenero (+0,5 punti percentuali).
Il mais verrà coltivato di meno in tutta Italia, mentre al contrario si punterà di più sull’orzo, in particolare a Nord-est, dove si prevede per il 2022 un 19,5% della quota delle superfici coltivate a orzo. “Tale previsione si legge – è presumibilmente legata alla notizia, diffusa dai media a partire dal luglio 20211, dell’apertura nel 2023 della più grande malteria d’Italia in Polesine che sarà in grado di soddisfare, attraverso la propria produzione, gran parte del fabbisogno nazionale di malto.”