La sensazione che molte persone condividono in questi ultimi mesi, di molta meno propensione alla partecipazione alle attività sociali rispetto al “prima”, nonostante le restrizioni siano di fatto cessate, ha delle basi solide. L’onda lunga della pandemia si sente, sia fra i giovani che fra i più anziani, spesso colonne portanti della partecipazione ad attività culturali.
Fra il 2020 e il 2021 è crollata la partecipazione fuori casa ad attività culturali, a tutte le età. No: non stiamo parlando del periodo di lockdown totale: i dati che provengono dal rapporto 2022 BES di Istat su questo aspetto sono tratti dal questionario dell’Indagine Aspetti della vita quotidiana che Istat propone ogni primavera e che esamina le attività degli italiani nei 12 mesi precedenti. Certo, non possiamo non considerare che la stessa offerta di attività culturali ha vissuto un arresto durante questi due anni, e pertanto misurare solo l’output, e cioè quanto siamo usciti di casa, è un dato parziale.
Se già tra il 2019 e il 2020 la percentuale di persone che aveva svolto almeno due attività culturali nei 12 mesi precedenti era passata dal 35,1% al 29,8%, tra il 2020 e il 2021 ad averlo fatto è l’8,3% degli italiani intervistati. Meno di un quarto rispetto a quanto osservato nel 2019. Stiamo parlando di andare al cinema, a concerti di qualsiasi tipo, a teatro, a visitare un museo, una mostra o un sito archeologico. I dati Istat evidenziano che dal 2005 al 2019 le cose non erano cambiate di molto, nonostante in questi 15 anni sia arrivata prepotentemente internet, siano nate piattaforme di streaming e molto altro.
Quello che emerge è che comunque i giovani sono comunque molto più attivi degli anziani. Se dal 2005 al 2019 le persone fra i 6 i 34 anni che uscivano di casa per siffatte attività oscillava fra il 40 e il 50%, nel 2020-21 ci si attesta all’11%, sia fra gli uomini che fra le donne. Tra gli over 55 siamo passati dal 20% al 7%. Si confermano livelli di partecipazione più elevati nelle regioni del Centro-nord rispetto a quanto osservato per il Mezzogiorno. Le età più giovani, pur avendo notoriamente livelli di partecipazione culturale più elevati, negli anni di pandemia hanno subito le riduzioni maggiori, avvicinandosi ai più anziani.
La fruizione di musei/mostre e di siti archeologici e monumenti, pur riguardando una percentuale di persone superiore rispetto alle altre forme di partecipazione culturale considerate (rispettivamente l’8,9% e il 10,3%), sono fra le attività che si sono ridotte maggiormente (-18,4 punti percentuali i primi e -15,4 punti percentuali i secondi).
Il 10% degli intervistati ha visitato un monumento o un sito archeologico, il 9% un museo, il 3,7% ha assistito ad almeno un concerto (il 2,2% a uno di musica classica), il 2,9% è andato almeno una volta a teatro e solo l’1,7% degli intervistati si è recato al cinema almeno quattro volte l’anno. Nel 2019 andava abitualmente al cinema il 18% degli italiani.
Come è facile immaginare, il gap “culturale” in termini di titolo di studio si evidenzia maggiormente fra le fasce più anziane: un laureato su cinque è uscito di casa per attività culturali, contro il 2,5% di chi non ha alcun titolo di studio e il 10% di chi ha il diploma. Fra i giovani con meno di 35 anni le percentuali sono state rispettivamente del 22% e del 7%.
Un altro aspetto interessante è la fruizione delle biblioteche: fra il 2020 e il 2021 è crollato anche il numero di utenti che avevano l’abitudine di recarsi in biblioteca. Se tra il 2019 e il 2020 lo faceva il 12,2% delle persone con più di 3 anni, tra il 2020 e il 2021 non si supera il 7,4% dell’utenza. Sia nel 2020 sia nel 2021, le diminuzioni si sono osservate in modo trasversale in tutte le zone del Paese e hanno interessato principalmente i giovani e i giovanissimi di 6-24 anni, risultando molto più contenute nelle altre fasce di età. “La chiusura degli istituti scolastici e delle Università, specialmente nei primi periodi della pandemia, ha sicuramente prodotto dei cambiamenti nelle abitudini di studio dei bambini e ragazzi che, comunque, malgrado le riduzioni registrate, presentano anche nel 2020 e nel 2021 le percentuali più elevate di frequentatori”. Già a partire dai 25 anni, invece, la frequenza delle biblioteche diminuisce significativamente per scendere ai livelli più bassi dopo i 54 anni. Più elevata la prevalenza di donne che si sono recate in biblioteca: 14,1% contro 10,6% tra gli uomini nel 2020 e 8,2% contro 6,5% nel 2021, con maggiori differenze di genere in entrambi gli anni tra i giovani di 11-24 anni.
Va precisato che nel 2021 è aumentato molto l’accesso alle biblioteche on line (la possibilità cioè per gli iscritti di scaricare gli ebook dei libri presenti nei cataloghi) che ha riguardato il 6,7% delle persone di 3 anni e più portando l’accesso complessivo alle biblioteche (“reale” e “virtuale”) al 11,6%. Un risultato è che nel 2021 la lettura di libri è rimasta del tutto in linea con quanto osservato nel 2020: il 22,9% ha letto almeno 4 libri nell’ultimo anno precedente l’intervista.
“Colpa del Green Pass” starà per commentare qualcuno. Ci sarà chi avrà sicuramente dovuto rinunciare ad attività che svolgeva regolarmente, ma considerata la prevalenza di persone vaccinate alla fine del 2020 pare un’argomentazione alquanto debole. E comunque semmai andrebbe dimostrata dati alla mano. Dati che al momento non abbiamo.