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cronaca

In 10 anni il numero di ragazzi fra i 20 e i 24 anni senza il diploma è sceso al 17%

In 10 anni il numero di ragazzi fra i 20 e i 24 anni che non ha il diploma è passata dal 23% al 17%. Parallelamente, i laureati triennali di questa età sono passati dal 6,5% al 9,8%. In altre parole si era fermato alla terza media, o a una licenza professionale, o aveva abbandonato gli studi prima della maturità, quasi un ragazzo su quattro che era adolescente intorno al 2002, contro un ragazzo su sei che era adolescente nel 2012.
Questo dato, mai pubblicato a nostra conoscenza, è frutto di un lavoro che siamo riusciti a fare grazie alla pulitura dei dati Istat del Censimento 2011, disponibili online, e quelli del Censimento 2020 che Istat ha estratto per noi di Infodata.
Si tratta comunque di un abbandono scolastico ancora molto elevato, che riguarda sia il nord che il sud, ma è innegabile che il passo avanti sia stato evidente.

Capire nel dettaglio qual è il livello di istruzione delle generazioni di italiani per provincia, e in particolare fra aree urbane e rurali, e come si è evoluto nel tempo, non è affatto semplice. Quando parliamo di titolo di studio degli italiani, spesso ci limitiamo a rilevare, con i dati Eurostat, che siamo fra i paesi con il più basso tasso di laureati, nonostante i progressi fatti negli ultimi trent’anni. Si perde quindi di vista un aspetto interessante: le disuguaglianze sociali fra aree urbane e rurali. La media è una sintesi affrettata. Non è semplice ricostruire una mappa di questo tipo, ma ci abbiamo provato.

In questa prima puntata vediamo abbiamo provato a mappare come erano davvero le cose per chi era adolescente nelle province di periferia vent’anni fa, intorno al 2002 ( nati fra il 1985-86 e il 1990-91), e che oggi rappresenta la nuova forza lavoro, e quanta differenza faceva rispetto all’essere nati in città. Nella prossima puntata vedremo che cosa è cambiato per i 20 enni di oggi, i nati all’inizio degli anni Duemila. È evidente che una parte di loro, tendenzialmente i laureati, dal 2011 a oggi hanno potuto migliorare il proprio livello di studio rispetto a quanto potevano dichiarare allora. Ma il dato fra i non laureati può considerarsi tutto sommato abbastanza solido.

Il gap del liceo

Il principale dato che emerge è che il grande divario è la scelta di iscriversi al liceo. Fra il 2000 e il 2005 questi ragazzi si sono trovati a dover scegliere il proprio futuro: mi fermo qui o vado avanti (ancora non era obbligatoria l’istruzione fino alla maggiore età)? E se vado avanti scelgo un professionale, un tecnico o un liceo (all’epoca si chiamavano licei il classico e lo scientifico).

Tuttavia, la percentuale di chi fra i 30-35 enni di oggi non ha un diploma è spesso più alta nei centri urbani che nelle periferie, che suggerisce l’importanza di raccogliere dati disaggregati per quartieri per intercettare la vulnerabilità sociale reale. Un esempio virtuoso in tal senso è il progetto Mapparoma. Al Sud e nelle isole più di un ragazzo su quattro intorno al 2000-2005 si è fermato alla terza media o addirittura prima. La zona dove questo gap era maggiore è il Centro Italia: Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Umbria, Marche. Il 31% dei ragazzi ha scelto il liceo contro il 25% dei coetanei delle province periferiche.

Nel Meridione, come si accennava, capita addirittura il contrario: nei capoluoghi di regione non si riscontra in media un titolo di studio più elevato fra i ragazzi. Non deve stupire: al sud il gap è maggiore nell’infanzia: un 20-24 enne di allora non aveva proprio proseguito gli studi dopo la terza media, e molti di loro non hanno nemmeno terminato le scuole elementari. Nelle periferie del nord-est in media si hanno le percentuali più basse d’Italia di giovani senza diploma, ma anche le più basse d’Italia di diplomati liceali. A nord-est sono sempre andati per la maggiore gli istituti professionali. A nord-ovest invece non si riscontrava un gap sostanziale fra aree urbane e periferiche: in città il 16% dei giovani aveva scelto un corso professionale e il 26,7% un liceo, contro il 18% e il 21% di chi viveva nelle province periferiche.

Che dati abbiamo sull’istruzione?
I dati sulla popolazione li raccoglie Istat attraverso i censimenti periodici (lavori mastodontici e preziosissimi per avere numeri solidi e dettagliati), ma non sempre sono disponibili in modo disaggregato. Quindi Istat su nostra richiesta ci ha inviato il dato scorporato per i 20-24 enni.
Chiaramente questo che proponiamo è un dato meramente geografico, che non tiene conto delle disuguaglianze derivanti dallo status socio-economico della famiglia d’origine, che come sappiamo incide pesantemente sulle scelte scolastiche. Ne abbiamo parlato per esempio qui, qui e qui.
Ma soprattutto non dà conto del gap reale delle periferie meno connesse in termini di infrastruttura. Per avere una mappa reale e dettagliata dello svantaggio di istruzione serve il dato a livello comunale. Ci stiamo lavorando, seguiteci.