Oltre un ragazzo su cinque che lavora a un anno dal diploma non ha alcun contratto, e lo stesso uno su otto fra i diplomati 2018. A questi si aggiunge una fetta di circa il 40% che ha impieghi con contratti definiti “non standard” o “atipici”, ma va detto che questi numeri riguardano sia chi lavora soltanto, che chi studia e ha un lavoro saltuario per rendersi autonomo.
In soli tre anni, fra i diplomati nel 2018 e nel 2020, la percentuale degli iscritti all’università è passata dal 51% al 59%, la quota di coloro che studiano e lavorano dal 15% al 16% ed è diminuita la fetta di chi non studia né lavora. Nel dettaglio, un anno dopo il conseguimento del titolo va all’università il 90,8% dei liceali, il 59,6% dei diplomati tecnici e solo il 37,4 dei diplomati professionali. Fra questi ultimi il 37,5 dopo un anno lavora, il 18% non lavora ma cerca lavoro, e 7 su 100 non lavorano, non studiano né cercano lavoro. A quest’ultimo gruppo appartengono anche 3 liceali su 100 e 5 diplomati tecnici su 100. Il 22,2% dei diplomati del 2020, pur dichiarandosi non occupato al momento dell’intervista, ha comunque avuto esperienze lavorative dopo il diploma, che risultano però successivamente concluse; è verosimile che si tratti di attività saltuarie, occasionali (ci sono state di mezzo due estati, quella immediatamente successiva al diploma e quella immediatamente precedente l’avvio della rilevazione). A tre anni dal conseguimento del titolo di studio tale quota è pari al 25,2%. Tra i diplomati del 2020 appartenenti alla classe elevata (ossia i figli di liberi professionisti, dirigenti e imprenditori) è nettamente più frequente l’iscrizione all’università dopo il diploma rispetto ai giovani provenienti da famiglie meno favorite (rispettivamente 87,6% e 67,6%).
Lo rileva il rapporto 2022 di Almadiploma, basato sulla rilevazione condotta nel 2021 fra ragazzi iscritti alle scuole superiore, e diplomati a uno e a tre anni di distanza dal conseguimento del titolo.
Il titolo di studio dei genitori continua a influenzare le scelte formative dei giovani. Come ci si poteva attendere, il 90,7% dei diplomati, provenienti da famiglie in cui almeno un genitore è laureato, ha deciso di iscriversi all’università (senza aver mai abbandonato gli studi) dopo la scuola secondaria di secondo grado; tale quota scende al 76,6% tra i giovani i cui genitori sono in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado e al 60,8% tra quanti hanno padre e madre con titolo inferiore, che comunque sono numericamente pochissimi.
Nel 2021, 6 diplomati professionali su 10 del 2018 lavorano, segno che una grossa fetta di loro o ha abbandonato gli studi universitari prima della conclusione oppure si è fermato alla laurea triennale. Il 24% di loro a tre anni dal titolo è iscritto all’università. Fra i liceali dopo un anno è iscritto all’università (lavorando oppure no) il 90% di loro, dopo 3 anni l’85%. Quasi tutti.
Le ragazze si dimostrano generalmente più interessate a proseguire gli studi: a un anno dal diploma risultano iscritte a un corso universitario (indipendentemente dall’impegno in attività lavorative) il 79,6% delle diplomate, contro il 71,1% dei diplomati, mentre a tre anni tali quote sono, rispettivamente, pari al 71,6% e 59,3.
Il background culturale della famiglia d’origine influenza anche i ripensamenti. Si osserva infatti ogni anno un gap circa la soddisfazione del corso di studi concluso. Fra i diplomati professionali uno su quattro cambierebbe corso e scuola (6,5 alunni su una classe di 25), contro uno su sei fra i diplomati liceali (4 studenti su una classe di 25).
Tra i diplomati provenienti da famiglie in cui almeno un genitore è laureato la quota di abbandoni è pari al 3,1%, valore decisamente più basso di quello osservato tra i diplomati con genitori in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado (5,8%) e tra quanti hanno genitori con titolo inferiore (7,8%). La quota di abbandoni, infatti, aumenta considerevolmente tra i diplomati professionali (29,1%) e quelli tecnici (16,8%) mentre si riduce al 3,6% per i liceali. I cambi di ateneo o corso invece coinvolgono il 13,2% dei liceali, il 10,6% dei tecnici e il 13,1% dei professionali.
Infine, a tre anni dal titolo, l’8,7% di coloro che dopo il diploma conseguito nel 2018 si erano iscritti all’università ha abbandonato gli studi universitari (+2,1 punti percentuali rispetto a quando furono intervistati a un anno), mentre il 12,5% risulta ancora iscritto all’università ma ha cambiato ateneo o corso di laurea (era l’8,7% nell’indagine del 2019 sulla medesima popolazione).
Insomma: bene ma non benissimo.
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