L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato i nuovi dati sul consumo di alcol fra adulti e anziani nel biennio pandemico 2020-2021. Risultato? Stando al campione esaminato, di oltre 36 mila persone, abbiamo bevuto un pochino di meno. In media, almeno. La percentuale di persone che si ubriaca da perdere il controllo almeno una volta l’anno è scesa di un punto percentuale dal 2013 al 2021, ma rimane comunque elevata. Si usa a questo proposito l’espressione Binge drinking, definita come il consumo di di 5 o più bevande alcoliche in poco tempo, indicativamente in 2-3 ore. Nel 2020-21 si è ubriacato almeno una volta nei 30 giorni precedenti l’intervista il 13% dei 18-24 enni, il 12% dei 25-34 enni, il 7% dei 35-49 enni e il 5% dei 50-69 enni. Il 10% dei laureati, l’11% di chi vive al nord contro il 5% di chi risiede al sud. Percentuali leggermente inferiori a quanto riportato nel triennio 2016-19.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le persone che soffrono di binge drinking non appartengono alle classi socio-economiche meno abbienti o con livelli di istruzione più bassi. Bevono di più i laureati rispetto a chi non ha titolo di studio, e chi ha meno difficoltà economiche rispetto a chi ne ha molte.
Al nord si beve molto di più che al sud, e non è nulla di nuovo. Veneto, Friuli ed Emilia Romagna hanno tassi complessivi di consumo mensile di alcol del 70%, in crescita negli ultimi dieci anni. In queste stesse regioni, e in Trentino Alto-Adige, oltre un adulto su dieci si è ubriacato pesantemente almeno una volta nell’ultimo anno. Sono scesi assai lievemente dal 2016 al 2021 il consumo fori pasto e il consumo elevato abituale. Quasi una persona su cinque in queste regioni consuma alcol fuori pasto.
Fra gli over 65 la situazione è più seria: il 10% degli over 65 consuma più di 2 Unità alcoliche al giorno, l’8% di loro addirittura 3 o più. L’unità alcolica (UA) corrisponde a 12 grammi di etanolo, quantità approssimativamente contenuta in una lattina di birra (330 ml), un bicchiere di vino (125 ml) o un bicchierino di liquore (40 ml), alle gradazioni tipiche di queste bevande. Fra gli adulti è il 16% a essere “a maggior rischio”. Ben il 73% degli anziani veneti sentiti da PASSI d’Argento ha dichiarato di aver consumato alcol fra il 2020 e il 2021, una percentuale doppia rispetto alla media italiana. Il Consumo alcolico a maggior rischio è un indicatore composito, che include consumo abituale elevato, consumo episodico eccessivo, consumo fuori pasto, e consente di valutare la quota cumulativa di popolazione con un consumo alcolico non moderato. Nel complesso, oltre un anziano su cinque al nord è a rischio, il 30% degli uomini, con lo stesso gradiente che vede chi ha un titolo di studio migliore e meno problemi economici, bere di più.
L’Oms elenca il consumo fuori pasto tra i fattori che determinano un aumento della mortalità, e perciò lo include nel calcolo dell’indice “Patterns of drinking score”, che caratterizza sinteticamente il rischio complessivo alcol-correlato. Si tenga conto del fatto che tendenzialmente l’anziano presenta maggiori cronicità, fra cui patologie legate al fegato o ai reni, o che richiedono terapie per le quali è consigliato ridurre al minimo se non evitare il consumo di alcol. Sempre secondo i dati di PASSI d’Argento, fra il 2017 e il 2020 un anziano su quattro (oltre 55 intervistati) soffriva di 2 o più patologie croniche (il 38.2% fra gli over 85), mentre un altro 35% ne presentava almeno una. Il 20% degli over 65 era diabetico, il 20% aveva malattie respiratorie croniche, il 28% cardiopatie, il 4% malattie del fegato, il 13% tumori attivi e l’8% soffriva di insufficienza renale.
Al tempo stesso tuttavia, pochi sono coloro che dichiarano di aver ricevuto un consiglio dal proprio medico nella vita di bere meno. In Veneto in particolare nessuno degli intervistati afferma di aver ricevuto un tale suggerimento, mentre la media italiana si assesta intorno al 10%.