Guardano ma non comprano. Scorrono tanti prodotti con il pollice sullo schermo del telefonino ma non premono il tasto “acquista”. Qualcuno potrebbe chiosare che è così che si è trasformato lo shopping online ai tempi della crisi economica. Ma in realtà questa tendenza è in atto da almeno un paio di anni. Secondo uno studio condotto dagli analisti di ecommerceDB la percentuale di visite in negozio che portano a un acquisto è solo del 2,4% negli Stati Uniti. E questo è ancora un valore relativamente alto, come mostra questa infografica di Statista. In 33 dei 57 mercati presi in esame, la cifra è compresa tra l’1,0 e l’1,9 per cento, e in altri dieci paesi la percentuale è ancora più bassa. L’anno di riferimento è il 2021, quindi siamo nel pieno del secondo anno di pandemia che però ha visto per alcune famiglie merceologiche un vero e proprio boom. Il dato si spiega infatti con l’aumento dell’attività di ricerca online che è cresciuta moltissimo rispetto all’operazione di acquisto.
Il leader indiscusso è l’ Olanda con il tre per cento. Il tasso di acquisto si avvicina davvero solo nel Regno Unito (2,9%) e in Svizzera (2,6%). All’altra estremità della scala, la Nigeria ha la cifra più bassa, con solo lo 0,5 per cento, seguita da Pakistan e Indonesia con lo 0,7 per cento.
E l’Italia? Con un fatturato totale di 40 miliardi di euro generato nel commercio online nel 2021, secondo Statista Digital Market Outlook, l’Italia è attualmente il terzo mercato di eCommerce più grande del continente europeo. L’attuale lista dei 5 negozi online di maggior successo d’Italia è dominata da Amazon che stacca di molto tutti i competitor.
Come si vede nella grafica di ecommerceDb il giro d’affari di Amazon in Italia è di cinque miliardi nel 2021 contro gli 862 milioni di euro di Shein catena cinese di vestiti per giovanissimi. Il negozio online di vestiti economici, popolarissimo tra i giovani, questa estate è stato oggetto di critiche e polemiche per il suo enorme impatto ambientale. Seguono nella classifica apple.com e zalando.it mentre mediaworld.itè una new entry.
In che modo i negozi online hanno reagito all’inflazione e all’aumento di prezzi dell’energia?
EcommerceBytes ha condotto un sondaggio tra i venditori online per scoprire solo l’11% degli intervistati afferma di non avere intrapreso alcuna azione. La maggior parte dei venditori online ha infatti reagito con una razionalizzazione dei processi. Secondo un questionario a risposta multipla il 60% dei venditori online intervistati ha perfezionato i percorsi di approvvigionamento o ha risparmiato sulla logistica che vuole dire meno viaggi per aumentare l’inventario dei prodotti. Ma il grosso dei venditori a spostato sul consumatore i rincari. Il 39% dei venditori online ha reagito all’aumento dei prezzi di carburanti aumentando i prezzi dei propri articoli in vendita. Un altro 31% ha aumentato le spese di spedizione e gestione. Solo il 3% degli intervistati ha dichiarato di aver smesso di vendere beni online.